Da molti anni abbiamo una buona attivita’ di counseling per i pazienti a cui proponiamo un test di screening HIV. Abbiamo anche sempre tenuto dei registri da cui possiamo estrapolare alcuni dati sul nostro campione di popolazione. Paragonando le nostre percentuali a quelle nazionali, ci rendiamo conto che esse non differiscono di molto. I dati riportati si riferiscono a tutti i nostri pazienti (sia inpatients che outpatients) che hanno usufruito del nostro servizio negli ultimi due anni.
Eccone una sintesi:
1) l’87% dei clienti e’ convinto che la malattia sia prevenibile, mentre l’8% non ritiene la attivita’ di prevenzione di alcun valore, ed il 5% non ne e’ sicuro
2) Circa il 92% dei malati che hanno ricevuto il counseling ritengono che soltanto l’astinenza e l’essere fedele ad un singolo partner possa essere completamente efficace nella prevenzione della infezione HIV.
3) il 98% conosce che cosa sia il VCT (voluntary counseling and testing) e sa bene dove rivolgersi anche vicino a casa per avere un test di screening gratuito.
4) alla domanda se avessero desiderato conoscere il loro status HIV, solo il 70% ha accolto la proposta ed e’ stata testata. Il 3% ha detto che non voleva il test, ed il 7% ci voleva pensare un po’ piu’ a lungo prima di accettare.
5) l’85% preferisce che il test e l’eventuale terapia siano espletati in una struttura lontana da casa e dicono che cio’ e’ dovuto alla stigmatizzazione ancora molto forte.
6) il 50% crede di non correre alcun rischio di infezione HIV. Tra gli altri che invece si ritengono a rischio, circa il 9% ritiene di essere ad alto rischio. Coloro che si pensano ad alto rischio sono per la maggior parte donne (la ragione piu’ frequentemente addotta e’ che non sono sicure dei comportamenti extraconiugali del marito).
7) solo il 25% e’ libero di condividere con una terza persona (normalmente il partner) un eventuale risultato positivo. Gli altri non vorrebbero comunicare la notizia a nessuno.
8) Le ragioni principali per rifiutare un test HIV sono state le seguenti: paura di un responso positivo (75%); paura della morte (20%). Altre ragioni addotte: la convinzione che tanto non ci sarebbe una cura; la stigmatizzazione in famiglia e nei villaggi; la paura che il test possa essere comunque sbagliato.
9) circa il 7% dei malati sposati ritengono che il loro partner abbia avuto una relazione extraconiugale nell’ultimo anno. Questo dato e’ riferito soprattutto dalle donne riguardo ai loro mariti
Questi dati ci danno indicazioni utili e ci aiutano a riprogrammare le nostre attivita’ preventive, lavorando molto su aree come:
a) Il “behaviour change”, cioe’ di cambiamento dei comportamenti (insistendo molto sulla fedelta’ coniugale);
b) La riduzione dello stigma sociale;
c) La necessita’ di comunicare al partner un eventuale test positivo in modo da garantirgli una giusta possibilita’ di profilassi e terapia, oltre che programmare adeguatamente la prevenzione della trasmissione verticale alla prole.
Fr Beppe Gaido
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