mercoledì 25 febbraio 2009

Succede anche nelle migliori famiglie

Oggi ho chiesto aiuto ad una infermiera inglese che era passata da Chaaria: «Mi vorresti assistere per un raschiamento?». Lei risponde subito: «Va bene»; si infila camice e mascherina e, dopo avermi confidato che per lei era la prima volta, inizia a seguire fedelmente le mie indicazioni su dove stare, su come tenere gli strumenti. Le racconto la storia triste della paziente che stiamo assistendo: questa donna è al suo terzo aborto spontaneo, che non ha figli, e, considerata l’età non più giovane, difficilmente riuscirà a portare a termine una gravidanza. Mentre parlo, chiedo a Jesse se l’anestesia è profonda abbastanza da poter iniziare. Dopo il suo consenso inizio a lavorare in una stanza torrida e con livelli di umidità micidiali. Ad un certo punto mi rendo conto che Joan non mi sta ascoltando perché ha già dei grossi problemi a tenere aperti i suoi occhi, poco preparati a ciò che stavano vedendo. La vedo barcollare e chiedo a Jesse di intervenire, mentre io finisco il raschiamento da solo: il nostro vecchio anestesista si fionda su di lei, la raccoglie mentre già sta per stramazzare a terra, e poi la pone sulla barella della room 17. Joan inizia a grondare di sudore, sa che sta per perdere i sensi e continua a ripetere ad alta voce che non può, che deve respirare profondo, che l'ultima cosa di cui c'è bisogno qui è di una persona in più da assistere su un lettino.
Intanto io finisco la mia procedura a raggiungo Jesse. Joan è sdraiata senza cuscino, con le gambe leggermente sollevate. E’ bianca come la traversa della barella.
Le facciamo una flebo e pian piano si riprende, chiedendoci scusa per il disagio.
“Non preoccuparti, sono cose che possono succedere. Anche il caldo contribuisce a questi malori. Mi dispiace che nel tuo unico giorno a Chaaria ti abbiamo causato tutti questi problemi, ma sappi che sono svenuto anche io una volta in sala”.

PS: il Regno di Sardegna si è ricompattato:
con l’arrivo del Chirurgo generale Rinaldo Orrù di Cagliari, abbiamo intensificato ancora di più la nostra attività chirurgica ed il tempo pieno di Chaaria diventa ancora più esigente. La sala operatoria funziona a tempo pieno sia di giorno che di notte ed io sto imparando sempre nuove tecniche.
Con lui sono presenti anche la moglie Antonella, e le amiche Dolores e Mariangela: loro fanno servizio dai Buoni Figli ed aggiungono un taglio di femminilità, ed anche di italianità, alla cucina dei Fratelli e dei volontari.

Ciao a tutti.

Fr. Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....