sabato 14 marzo 2009

La nostra vita... frammenti ed emozioni

[...] La vita a Chaaria è proprio diversa e credo sia davvero facile “andare in crisi”.
Ti accorgi della semplicità delle cose. Infatti, quando sono tornato a Torino, mi sono accorto di quanto ho a disposizione e che forse ne potrei fare a meno.
Là a volte ci si svegliava alle 6.00 per vedere l’alba, in Italia questo non l’ho mai fatto… ti rendi conto che quando le nuvole si spostano per lasciare spazio al sole sta nascendo un nuovo giorno, in cui bisognerà vivere o morire, in cui bisognerà capire se sono malato o se non sono malato, il tutto accompagnato da un grande “volersi bene”… ma come sempre senza fretta, senza stress, insomma “pole pole”.

[...] Ogni luogo scoperto, ogni persona incontrata è riuscita ad entrare così profondamente nel mio cuore da lasciarmi dentro un incancellabile segno, una forza che mi permette di vedere la realtà presente sotto una nuova luce. La luce dell’Amore e del Volersi Bene. Fuori dal tempo e dallo spazio, nel posto più vicino all’anima dell’uomo, tra lacrime e sorrisi, sconfitte e conquiste, ogni giorno è stato unico.
Laggiù, più che mai, ho avuto modo di mettermi alla pari del povero, sperimentando l’importanza del donarsi, per la sola e semplice volontà di farlo!... e solo chi ha “sperimentato” e vissuto esperienze simili, può affermare quanto questo sia arricchente!...

[...] Non basta venire a contatto con l’ Africa unicamente attraverso riviste… attraverso la televisione... Per conoscerla pienamente, penso sia necessario vederla con i propri occhi!
Solo così ci si rende veramente conto dell’immenso disagio che la caratterizza. E, nello stesso tempo, solo in questo modo possiamo realmente comprendere le fortune che, fin dalla nascita, possediamo in questa agiata vita.
La fortuna di avere un padre ed una madre… la fortuna di avere una casa accogliente, con acqua, luce, gas... la fortuna di avere una macchina... di possedere dei vestiti integri e puliti... la fortuna di avere un’istruzione, la sola possibilità di studiare. E’ sconvolgente pensare a come, prima di partire, sottovalutassi l’importanza di tutto questo. Eppure basterebbero almeno queste “elementari” fortune a rendere un po’ meno difficile la vita di un bimbo africano!
Mi è bastato un incontro con gli street-boys... le lacrime di una mamma che piangeva il suo bambino ucciso dalla malaria... gli innocenti sguardi di tanti bambini con il destino segnato dall’AIDS...

[...] Quando c’è la visita alle mamme, le cose procedono con calma e tranquillità: controllo del loro peso, della pressione arteriosa, la visita, il controllo del battito cardiaco fetale, le vaccinazioni, il prelievo del sangue per le indagini di laboratorio, la consegna di alcuni farmaci, se necessario. Di solito in un giorno ne visitiamo una trentina.
[...] Molte delle donne che arrivano sono già alla seconda, terza, o quarta gravidanza e, in genere, hanno un’età compresa tra i 16 ed i 40 anni. Alcune hanno una gravidanza mediamente ogni anno, oppure un anno e mezzo, altre non ricordano con precisione la data dell’ultima mestruazione, o la data di nascita dei loro numerosi figli, altre sono sposate, o vivono con il padre del bimbo, altre sono giovani ragazze madri; la maggior parte non ha terminato il ciclo di studi e vive del lavoro dei campi. Esse arrivano al dispensario camminando sotto il sole cocente, verso il termine della gravidanza e, a volte, con un bimbo portato sulla schiena. Quando entrano mi sorprendo a guardarle e noto subito, da molti particolari, che la gente di questa zona è ancora più povera di quella di Chaaria. La maggior parte di loro arriva scalza, perché non può permettersi di comperare un paio di scarpe, o di ciabatte, oppure calza scarpe logore e consumate, o bucate. Apparentemente i vestiti che indossano sono dignitosi, di colori sgargianti... ma spesso sono ricuciti in più punti, o rattoppati... e nonostante tutto a nessuna manca il sorriso sulle labbra.

[..]... Io che a Chaaria pensavo di portare il mio contributo di giovane medico, ho invece trovato chi ha saputo insegnarmi, dimostrarmi, come la medicina possa essere un grande amore, dedizione agli altri, passione per la conoscenza...

AUTORI VARI



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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