sabato 14 marzo 2009

Mi chiamo Erick...

..ed ho circa dieci giorni di vita. La mia mamma purtroppa è morta di parto in una struttura abbastanza lontana da Chaaria. Mio papà non mi può tenere con sè per adesso, perchè sono troppo piccola e lui è da solo, per cui ora sono arrivata nel nido di Chaaria. Non mi trovo male, anche se il biberon non è proprio come il seno, e la mia mamma mi manca tantissimo. Poi il latte in polvere mi fa sempre un po' schifo. Comunque qui ci sono altri bambini e penso che mi abituerò presto.

Erick


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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