lunedì 30 marzo 2009

We have a dream


Chaaria è per noi un sogno da realizzare giorno per giorno; non è completa, e dobbiamo lavorarci quotidianamente per farla crescere. E’ come un bambino che sta facendo i suoi primi passi, ma non è ancora autosufficiente: per questo ha bisogno di cure ed attenzioni; soprattutto ha bisogno di dedizione totale, notte e giorno. Se la lasciamo ora, forse potrebbe rapidamente essere ridotta in polvere. E qual è il nostro sogno?

Fare di Chaaria un posto in cui tutte le persone più povere e sofferenti possano essere accolte con competenza e con carità.
Sarebbe bello che tutti i poveri potessero essere accolti e curati, e che a nessuno si dovessero dire: “Vai altrove, perché non possiamo risolvere il tuo problema”. E’ questa una paranoia? Una forma di delirio di onnipotenza?
Eppure proprio a questo ci spronava San Giuseppe Cottolengo quando ci diceva che bobbiamo servire poveri “fino al sacrificio della nostra vita”.
Allora, se il fondatore voleva cosi’, e credeva fortemente che “e’ una bella cosa sacrificare la salute ed anche la vita nel prendersi cura dei malati”, noi pensiamo di essere sulla strada giusta. Lavorare notte a giorno, sette giorni alla settimana, cercando di fare del nostro meglio e di trattare tutte le persone che bussano alla nostra porta proprio come se fossero Gesu’ in persona... ecco il nostro sforzo quotidiano.
E se crediamo veramente che nei piu’ diseredati c’e’ Cristo stesso, e’ chiaro che cercheremo di dare sempre il meglio, anche tecnicamente ai nostri malati... e’ in questa linea che ci sforziamo di fare sempre nuovi interventi; di portare avanti diagnostiche sempre piu’ complesse, di equipaggiarci di farmaci sempre piu’ efficaci... e con il Cottolengo ripetiamo a noi stessi che l’unica limitazione al nostro agire sara’ la mancanza fisica di forze per fare di piu’.E’ proprio questo nostro dare il massimo che ci rende ottimisti sul fatto che non siamo mai soli, perche’ Dio si prende sempre cura di noi quando ci vede stremati e sa che davvero piu’ di cosi’ non possiamo donare; ed e’ ancora per questo che ostinatamente pensiamo che il Signore sia contento di Chaaria. Molti mi dicono che dobbiamo ridurre, perche’ il carico di lavoro e’ eccessivo e corriamo tutti il rischio di crollare, sia fisicamente che mentalmente... Altri sostengono che a voler far troppo, poi si fa tutto male... Ma il Cottolengo era di parere opposto e ci insegnava che “ la misura della carita’ era dare senza riserve... e la forza ci sarebbe sempre venuta da Dio”. Altri ancora ci invitano ad essere piu’ pudenti e a pensare al futuro: che cosa ne sara’ di Chaaria se diventa cosi’ grossa e domani non abbiamo poi la forza di portare avanti il servizio! Anche in questo il Cottolengo e’ categorico: per amare Dio ed i suoi poveri non abbiamo che oggi. Se adesso omettiamo di fare il bene che e’ alla nostra portata, solo perhe’ temiamo che un domani non saremo piu’ capaci di portarlo avanti, allora siamo veramente lontani dal Vangelo: noi serviamo i poveri finche’ ci siamo e fin quando ne saremo capaci... il futuro, quello che avverra’ quando noi non ci saremo piu’, lo lasciamo a Dio. In conclusione osiamo sperare che il Cottolengo sia orgoglioso di questo ospedaletto africano dove sicuramente non c’e’ tutto, ma dove l’anelito delle nostre anime e’ lo sforzo quotidiano di servizio verso tutti i poveri.

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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