giovedì 16 aprile 2009

Appena in tempo

Onesimus era venuto all’ospedale già tre volte nell’ultima settimana. Aveva dolori addominali, che ci orientavano verso un’ ulcera duodenale. Bruciore epigastrico che migliorava con l’assunzione di un po’ di pane o di un bicchiere di latte; dolore in zona periombelicale.
Lamentava anche una sensazione sgradevole, di cupa sofferenza alla pressione sulla cistifellea.
L’ecografia era sostanzialmente negativa: non si vedevano calcoli ne’ alla colecisti, ne’ ai reni. Gli altri organi esplorati erano normali, ed i movimenti intestinali presenti. Avevamo anche pensato ad una gastroscopia ma il paziente non ha accettato.
Ci siamo quindi orientate verso la diagnosi di malattia peptica ulcerosa e lo abbiamo messo in terapia. Onesimus non e’ mai stato ricoverato perche’ ha sempre opposto un netto rifiuto alla nostra proposta di ulteriori accertamenti.
Dopo alcuni giorni di relativo benessere a casa, ieri e’ stato accompagnato in ospedale dalla moglie in condizioni gravissime. Urlava di dolore addominale, e la palpazione del punto appendicolare era dolentissima. Un emocromo urgente ha rivelato un incremento dei globuli bianchi che non lasciava molto spazio ai dubbi: 20.000 leucociti, quasi tutti neutrofili.
Non c’erano ormai piu’ dubbi diagnostici: quella che pensavamo essere una ulcera peptica era probabilmente una appendicite fin dal primo momento.
Bisognava correre in sala: io ed Ogembo avevamo una gran paura, soprattutto in considerazione del fatto che, come ci diceva un vecchio chirurgo, l’appendicectomia puo’ durare da un minimo di 4 minuti ad un massimo di 4 ore.
Per fortuna questa urgenza e’ capitata mentre abbiamo ancora i due chirurghi pediatrici, che hanno una grande esperienza della patologia in questione, anche se loro normalmente la operano in malati piu’ giovani.
Con grande perizia, Renato e Maria Grazia hanno deciso per un accesso un po’ piu’ grosso del normale, pensando che ormai potessero esserci delle complicazioni… e cosi’ e’ stato. Si trattava ora di una peritonite, causata da perforazione dell’appendice stessa. Per fortuna si trattava di una peritonite saccata (cioe’ il pus si era raccolto in una sacca periappendicolare); i nostri amici italiani hanno fatto buon viso alla cattiva sorte: hanno usato gli strumenti da noi offerti, anche se un po’ inadeguati; non si sono lamentati del tipo di anestesia (spinale), che ha reso l’operazione piu’ indaginosa; e con pazienza sono riusciti a rimuovere una appendice lunghissima, friabile, facilmente sanguinante, e soprattutto completamente appiccicata e nascosta dietro al colon… su su fin quasi al fegato.
Ora Onesimus ha un sondino nasogastrico, un tubo di drenaggio in pancia e le flebo che gli scendono nelle vene… ma e’ stabile, e noi siamo contenti di essere arrivati in tempo per salvargli la vita.

Fr Beppe


PS: desidero esprimere il mio piu’ sentito ringraziamento a Renato e Maria Grazia per lo splendido servizio svolto in queste due settimane di servizio intenso e faticoso. Grazie soprattutto perche’ non si sono formalizzati sui pazienti in eta’ pediatrica, ma ci hanno aiutato per tutte le patologie che si sono via via presentate.
Inoltre sono stati splendidi nella loro umilta’ che non ci ha mai messi a disagio, ne’ per le nostre limitate capacita’ chirurgiche, ne’ per le condizioni della nostra sala operatoria.
Dio vi benedica.

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....