giovedì 16 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Numero 103

Per provvedere i nostri ammalati io sono pronto a vendere le lampade, e qualunque cosa mi venga alle mani.



Riflessione

Tutti abbiamo bisogno di un amico, di qualcuno in cui poter credere, di qualcuno col quale poter avere un rapporto profondo e con cui possiamo condividere le nostre debolezze e i nostri segreti.
Ognuno di noi ha bisogno di essere amato, ha bisogno di affetto e di tenerezza. Senza questo di diventa duri. Ma alcuni hanno paura dell’amore e del rapporto con qualcuno: temono di divenire vulnerabili, di essere feriti nei loro cuori, di venire rifiutati. Si chiudono in se stessi per difendersi.
E’ più facile “dare delle cose” che noi stessi. Noi possiamo far morire i più indifesi non soltanto togliendo loro il cibo e l’acqua, ma rifiutando loro il nostro amore.
La felicità e la pace nel cuore dei nostri fratelli più fragili è in grandissima parte frutto della certezza di essere amati; è l’unica strada per non avere paura delle proprie debolezze.
Gli ospiti e le ospiti della Piccola Casa non hanno bisogno di dimostrare che sono buoni, intelligenti, capaci; sanno di essere amati, perciò credono e confidano. Se la loro fiducia, tuttavia, viene ingannata, allora cadranno nella tristezza. Se si sentono abbandonati, verranno meno anche spiritualmente.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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