All’ora di pranzo sono stato chiamato urgentemente a rianimare un bambino di 4 anni, appena arrivato in ospedale da molto lontano: era gonfio come un pallone su tutto il corpo, ma profondamente emaciato sul volto. Durante la rianimazione la mamma era ancora in bagno che si lavava ed indossava l’uniforme dell’ospedale. Purtroppo però le mie mani sono state inutili ancora una volta. Il bambino, probabilmente cardiopatico grave o affetto da insufficienza renale, è spirato davanti a me dopo pochi istanti. Io sono rimasto annichilito e senza parole, come mi capita di solito. Non ho emesso grida o pianto. Sono rimasto di pietra. Quando la mamma è uscita dai servizi, ancora umida dopo la doccia, mi si è avvicinata, ha guardato il bimbo, poi si è appoggiata con il suo braccio contro il mio, e mi ha chiesto: “se n’é andato via?”. Io ho posto la mia mano sulla sua spalla e le ho sussurrato: “ Sì, se n’è andato così in fretta e non tornerà più”. Allora la disperazione della mamma è stata grande, ma muta. Ha toccato il corpicino ovunque; ha posto la sua bocca vicino a quella del figlio per sentire se ancora respirava. Le lacrime scendevano copiose, ma lei non diceva neppure una parola. Dopo attimi che mi sono parsi un’eternità mi ha fatto solo una domanda: “E’ andato in Paradiso?”. Io mi sono sentito un nodo alla gola che mi ha impedito di parlare per un po’. L’ho solo tenuta per un braccio ed ho alla fine balbettato: “certamente!”.
Fr Beppe
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