mercoledì 15 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Numero 101

Mi sta a cuore sollevare i poveri nelle miserie corporali, ma molto più liberarli dalle miserie dell’anima.



Riflessione

“Liberare dalle miserie dell’anima”… Per chi si è sentito non amato, vi potrà essere soltanto una realtà capace di riportarlo alla vita: un rapporto autentico, tenero e fiducioso.
Egli dovrà riscoprire di essere importante per Dio e per noi che gli siamo accanto. Soltanto allora egli scoprirà di avere un valore; solo allora la sua confusione si muterà in pace.
Amare non è “fare qualcosa per qualcuno”; è “esser con lui”.
E’ godere della sua presenza; è dargli fiducia nel valore della sua persona.
E’ ascoltarlo, nei suoi desideri e nelle sue esigenze.
E’ aiutarlo a trovare fiducia in se stesso e nelle sue capacità di piacere, di fare, di rendersi utile.
Questo processo risanatore può richiedere molto tempo. Il Nostro Santo era pienamente consapevole di tutto questo e fondò le Famiglie delle Suore di San Vincenzo, la Famiglia dei Fratelli e quella dei Preti della Trinità; la loro stabile presenza doveva garantire questo cammino di guarigione di tutta la persona.
Chi ha sperimentato il dono gratuito di Dio per sé, sarà meglio preparato ad essere strumento che dimostri alla persona non accettata che anch’essa è amata di un amore gratuito.
Siamo così chiamati ad essere un segno, un segno fisico della tenerezza e della fedeltà del Padre.
Siamo chiamati a rivelare a colui che ha fame di amore che egli è amato da Dio.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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