venerdì 10 aprile 2009

Mi chiamo Morori

… e sono matto. Credo che la mia condizione si chiami schizofrenia, ma non ne sono sicuro. Sono anche un “African clochard”, nel senso che non ho una casa e non mi piacerebbe neppure l’idea di venir ricoverato al Cottolengo. Io amo dormire sotto le stelle, e, se piove, sotto una tettoia insieme alle capre di qualche famiglia del circondario.
In pratica sono ora un semiconvittore del Centro: arrivo alle 7 del mattino, puntualissimo per la prima colazione con i pazienti. Poi gironzolo avanti e indietro per l’ospedale, cercando di ricevere tutti i pasti serviti ai degenti: quando e’ sera pero’ non c’e’ nulla che mi possa trattenere: il richiamo della liberta’ e’ troppo forte ed io mi sento come un uccello in gabbia che ha bisogno di spiccare il volo: per le 17.30 sono gia’ in strada e cammino verso le mie destinazioni notturne.
Onestamente non mi piace lavorare, e sorrido compiacente quando Beppe mi dice che la mia occupazione principale e’ mangiare…
Morori.jpgIl mio problema piu’ grosso e’ che amo sia masticare miraa, che fumare una sigaretta: non ho un quattrino in tasca e, quando chiedo ad una persona di Chaaria di darmi un rametto di sostanza da “ruminare” o un mozzicone di sigaretta da finire, loro esigono quasi sempre le mie scarpe, il maglione o addirittura la T-shirt.
Sono troppo debole e normalmente accetto la scambio… il bello di essere schizofrenico sta nel fatto di non conoscere il valore del denaro.
Poi al mattino seguente torno al Cottolengo scalzo, stracciato, e qualche volta a torso nudo. Sr Oliva e sr Lucy mi urlano dietro, ma poi lo so che, alla fine, mi ridanno le scarpe o un vestito decente… e cosi’ il ciclo si ripete.
Non sono violento e non ho mai fatto male a nessuno: parlo da solo, ed ho le mie fantasie. Spesso penso di essere sposato ad un membro dello staff e me ne vanto, ma, mentre lo dico, sorrido, perche’ parte della mia mente divisa sa che sto prendendo in giro me stesso e gli altri.
Sono anche il tormento di Fr Lodovico dal quale vado a domandare soldi tutti i giorni. Lo disturbo mentre prega, e gli chiedo milioni di scellini… ma mi scappa da ridere, e me ne vado quasi sempre senza attendere la risposta dell’anziano Fratello… e’ strano essere matto: lo sai che stai dicendo cavolate, ma non puoi evitare di farlo.
Credo comunque di essere un pazzo simpatico, ed anche io faccio parte della grande famiglia di Chaaria.

Morori

Morori1.jpg



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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