Numero 4
a) Nella persona dei poverelli deve la suora vedere Gesù Cristo.
b) i più ributtanti devono essere ad essa i più diletti, perché rappresentano più al vivo Gesù.
c) I più disgraziati sono le gioie, le perle della Piccola Casa.
Riflessione
Molti rifiutano di guardare, di avvicinare, di toccare il “diversamente abile”, il diverso da noi perché essi possono rivelare la loro debolezza, i loro limiti. Che mezzi abbiamo a disposizione per accettarci così come siamo – persone piene di egoismo e di rancore, di paure, di illusioni, di fughe… - ma che abbiamo anche la speranza di vivere e di progredire? Il Cottolengo ci invita a scoprire l’essenza del Vangelo. La povertà fisica, psichica o morale, non è una perdita di dignità, una vergogna, qualcosa da fuggire; può diventare una voce attiva, un richiamo, quando scopro che Dio è un Padre che ama ogni persona nel suo essere più profondo, con tutti i suoi limiti e le sue debolezze; è un Padre che perdona. Prendendo coscienza della mia povertà posso allora accogliere il dono di Dio che è la presenza di Gesù e dello Spirito Santo in me e nei fratelli “poverelli”, “più ributtanti”, “più disgraziati”. Il Padre provvidente mi dice che non sono più le qualità di efficienza e di seduzione ad avere il primato e a fare il valore di un essere. L’essenziale è l’accettazione di quello che sono e l’atteggiamento di accoglienza nella fede e nell’amore di Gesù, che mi dà la forza di amare ciascuno senza paura né pregiudizi. Come il Cottolengo scopriremo quello che è prima di tutto la persona umana: amore e dono, umiltà e accoglienza; e ci renderemo conto che queste qualità hanno la supremazia sul fare.
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