mercoledì 8 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Numero 42


Questa Piccola Casa andrà sempre bene fin ché non avrà mai nulla, ma quando avesse di che governarsi, allora comincerà a decadere. In questa Piccola Casa, ancorché entrassero grandi rendite, non dovrà mai credersi ricca, né contarci sopra; ma dovrà, se vuole intendere la Divina Provvidenza, sempre regolarsi come nulla avesse. Quindi il pane misurato del povero, la veste necessaria per la persona, dovrà essere in ogni tempo la misura del suo vivere, cioè di quelli che qui entrano. E il di più, in che avrebbesi a spendere? Ad aumentare sempre i locali pei poveri, o veramente darlo ad altri poveri fuori della Piccola Casa.


Riflessione Si tratta di fare del nostro cuore la dimora di Dio. Questa è la nostra sola e vera vocazione. La prima e fondamentale legge della crescita è la legge dell’amore e della comunione. Per vivere, svilupparsi, crescere nella libertà, l’essere umano ha bisogno di trovare un’altra persona che lo riconosca come unico al mondo e lo incoraggi crescere e a diventare se stesso. In caso contrario si chiude, si difende e cerca di farsi valere. L’essere umano ha bisogno di un ambiente umano di comunione, di fiducia, di amicizia per sviluppare tutte le sue potenzialità e per costruire se stesso. La Piccola Casa andrà bene fino a quando il “suo bene” sono le persone e non i “suoi beni”. Ogni persona ha la sua bellezza e il suo valore; ogni persona è importante, è capace di cambiare, di evolversi, di aprirsi un po’ di più, di rispondere all’amore, di risvegliarsi a un incontro di comunione. La Piccola Casa non “Domus aurea” ma luogo dove ciascuno, con il suo segreto e il suo mistero, con il suo destino particolare, è chiamato a crescere. Molti indubbiamente non raggiungono una piena maturità, ma chiunque può avanzare almeno un poco nell’acquisizione di una identità e nell’apertura agli altri. Nella Piccola Casa ognuno deve sentirsi dire e percepire “Voglio che tu ci sia”.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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