domenica 19 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Numero 143

Distribuite pure il solito cibo agli ammalati ed ai sani; perché se a quest’oggi che è quest’oggi la Divina Provvidenza ha già pensato, a domani che è domani la medesima Divina Provvidenza ci penserà.



Riflessione
Dobbiamo avere fede nella persona umana; altrimenti corriamo il rischio di diventare puramente competitivi e di assumere atteggiamenti paternalistici nei confronti dei deboli.
La Piccola Casa deve diventare sempre più Casa che accoglie, aperta a tutte le sofferenze: aprire le braccia, gli occhi, il cuore perché questa Casa della Divina Provvidenza diventi luogo dell’incontro e della comunione, della pace e del dono.
Aprirci agli altri e soprattutto a quelli che sono diversi da noi, significa considerarli non come rivali da giudicare e da rifiutare, ma come fratelli e sorelle nella grande Famiglia della Chiesa, persone capaci di trasmetterci quella luce di verità che c’è dentro di loro e persone con cui si può vivere una comunione.
L’apertura non è debolezza, non è una tolleranza vissuta senza darsi pensiero della verità e della giustizia; è simpatia e apertura nei confronti delle persone e in particolare dei deboli, dei poveri, degli emarginati, per vivere una comunione con loro e ricevere il loro dono.
Aprirsi significa allargare la tenda del proprio cuore.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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