venerdì 8 maggio 2009

Lina

Oggi Fr Lorenzo e Fr Richard hanno partecipato alla cerimonia funebre che si è tenuta presso casa sua, dove poi la salma è stata sepolta.

Il suo nome completo era Lina Piera Njeri Njagih.
Era nata il 30 agosto 1990, e quindi quando è morta non aveva ancora compiuto i 19 anni.
La sua croce iniziò nel 2006, mentre Lina era una studente di form 1, cioè di prima superiore. All'inizio si trattò di un piccolo gonfiore ad un dente, che poi si tramutò in una massa sempre più evidente e deformante già durante il primo anno di malattia.
Lina fu operata una volta al Kenyatta National Hospital, dove un chirurgo americano le asportò la mascella, e dove si giunse alla diagnosi di sarcoma. Ci fu quindi un periodo di grossa ripresa, in cui addirittura ritornò a scuola per alcuni mesi.
Poi però la massa recidivò e Lina iniziò il suo calvario di cicli di radio e chemioterapia, intercalati da brevi periodi di ricovero a Chaaria, soprattutto a motivo di trasfusioni di sangue. Sono stati 40 mesi di sofferenze indicibili per lei e per la sua famiglia.
La promozione alla gloria eterna è giunta alle 3 del pomeriggio del 1° Maggio. Sicuramente è in cielo, ed ora la vogliamo pensare bella e felice.
Un ringraziamento speciale a tutte le persone che ci hanno mandato fondi con cui abbiamo potuto sostenere Lina fino alla fine, incluse le spese di sepoltura. Dio vi benedica tutti.

Fr Beppe Gaido

Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....