mercoledì 17 giugno 2009

Dialoghi serali

Sono quasi le 23, e ci avviamo verso la comunita’ dopo la solita giornata spezza-gambe. Ci auguriamo che stanotte non ci siano chiamate, ed ancora parliamo dei nostri malati, che sono effettivamente le nostre perle, e riempiono non solo le nostre giornate, ma anche i nostri pensieri.
Pinuccia inizia a parlare:
“Mi sa che, se continua cosi’, fra due o tre anni avrai i reparti completamente pieni di pazienti HIV, con TBC associata”.
“E’ davvero un grosso problema: hai visto quanti ne abbiamo? Ogni giorno ne ricoveriamo 4 o 5 in piu’”.
“Ma quello che impressiona tanto e’ che la maggior parte e’ gente che gia’ faceva la terapia antiretrovirale: poi si e’ stancata ed ora e’ in uno stadio quasi terminale soprattutto perche’ non e’ stata fedele all’assunzione dei farmaci. Pensa poi a quanti e quali problemi tali comportamenti creano, anche riguardo alla resistenza verso i farmaci!”
“Gia’... Hai notato quanti degenti abbiamo in ricaduta tubercolare, perche’ non hanno completato il ciclo terapeutico? Presto la situazione sara’ fuori controllo e dovremo vedercela con dei ceppi multiresistenti: le medicine disponibili sono pochissime, e chissa’ quanti moriranno”.
“ Ma non si puo’ fare niente per arginare questa situazione?”
“Cosa ti devo dire... A volte lo scoraggiamento fa capolino, perche’ sono anni che insistiamo sulla necessita’ della aderenza agli schemi terapeutici prescritti. Pero’ la gente non ci bada: appena si sentono un po’ meglio, smettono di assumere le pastiglie. Non ti posso negare che li capisco. A proposito: tu quante volte sei riuscita a portare a termine una terapia antibiotica per una settimana soltanto, senza dimenticare qualche capsula? Io onestamente mai... Per questo mi pare di comprendere chi deve assumere medicine per mesi, o magari per tutta la vita.
Per loro in piu’ c’e’ il problema dei costi: e’ vero che le trapie per la TBC sono gratis, cosi’ come gli ARV, ma spesso per loro e’ difficile anche trovare i soldi per il matatu che li porta fino a Chaaria. E’ complicato giudicare!”
“Onestamente e’ vero, ma bisogna anche considerare il fatto che pian piano il reparto di medicina si sta trasformando in una lungodegenza in cui i pazienti sono cosi’ male in arnese che non possono essere dimessi per molti mesi: alcuni hanno paralisi che richiedono fisioterapia; altri invece sono tanto deboli da non poter camminare... Potresti non avere piu’ letti per i malati acuti”.
“E’ pero’ anche vero che questi sono i malati che nessuno vuole, ed e’ precisamente per tale ragione che li ritengo benvenuti a Chaaria, pur con tutti i problemi annessi e connessi... e poi, per i posti letto, lascio che ci pensi il Signore. Buona notte, Pinuccia”

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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