Sono molto triste. Ho gli occhi gonfi, a causa di una notte insonne, passata per la quasi totalita’ in sala operatoria; ma soprattutto ho un macigno che mi pesa sul cuore.
In un attimo ripenso a Giulio Cesare nel momento in cui e’ stato assassinato; al suo sguardo incredulo quando, dopo l’ennesima pugnalata alle spalle, si gira e riconosce il figlio; mi risuonano nella mente le sue parole: “Te quoque, Brute!” (anche tu, Bruto!).
Avevo piu’ volte aiutato Ayub e vari membri della sua famiglia. Mi ero fatto in quattro per loro. Sapendo quanto erano poveri ed indifesi, dal momento che avevano un padre-padrone che non li capiva e non faceva altro che vessarli e farli soffrire, avevo dato loro soldi per le molte necessita’ spicciole. Mi sono esposto ed ho spesso perorato la causa dei loro diritti di fronte a un genitore incapace di modificarsi. Ero certo che in essi avevo trovato degli amici. Nessuno avrebbe potuto convincermi del contrario. Le esperienze vissute insieme avevano cementato il nostro rapporto, e lo avevano reso forte e inossidabile.
Ma proprio ieri sono stato accusato di aver rubato delle cose che non mi appartengono… ed il momento piu’ triste e’ stato quando sono venuto a sapere che coloro che mi incolpano sono Ayub ed i suoi fratelli, che ora sono maggiorenni e sperano di trarre qualche vantaggio da questa montatura.
Non si tratta che di dicerie che sono state messe in giro; ma io mi sento distrutto: perche’ essere pugnalato alle spalle proprio dalle persone a cui hai dato di piu’? Qual e’ il mistero della umana cattiveria che porta a misconoscere i doni ricevuti, e a rivoltarsi contro i benefattori? Perche’ colpire la mano che ti ha nutrito?
Ho parlato con Ayub ed i suoi fratelli che hanno negato tutto. Dicono che e’ la cattiveria della gente: hanno messo in giro queste voci incolpando poi loro di esserne la fonte.
Sempre piu’ mi convinco che, come Manzoni diceva, il cuore umano e’ un grazzabuglio, e che nessuno lo puo’ conoscere, come la Bibbia saggiamente ci ricorda.
Ancora una volta nessuno sapra’ la verita’, perche’ tutti sono innocenti.
Gia’ i Romani saggiamente ci ricordavano che “homo homini lupus” (ogni uomo e’ un lupo per il suo simile), ma e’ sempre dura farne l’esperienza diretta, soprattutto quando si lavora gratuitamente, sette giorni alla settimana, per cercare di aiutare tutti.
E’ anche triste quando si considerano i soldi che sono stati spesi per quelle persone che poi hanno usato i denti per ferire proprio quella mano che per esempio aveva pagato le loro tasse scolastiche per anni.
Pensando a Cristo, si trovano gia’ tutte le risposte: e’ stato messo in croce proprio da coloro che prima erano stati da lui guariti.
Bisogna sempre piu’ concentrarsi su Dio, che e’ la ragione ultima per cui lavoriamo, ci spendiamo e cerchiamo di operare il bene. Poi occorre fare le cose per se stessi e per la propria coscienza: le accuse maliziose non aggiungono o sottraggono nulla a quello che veramente siamo nel nostro cuore. Noi siamo quello che siamo, e non quello che la gente dice di noi.
Sempre piu’ mi convinco che difendersi non serve a nulla. Meglio pregare in silenzio e chiedere a Dio di essere il nostro scudo.
Ho spento il generatore, ed ora sto trasferendo i due piccoli nati con cesareo durante la notte, nell’unica incubatrice azionata dai pannelli solari: ci stanno un po’ stretti, ma credo che siano ugualmente a loro agio.
“Poveri piccoli, cosi’ indifesi: non sanno ancora che il mondo e’ una arena in cui sempre bisogna combattere per riuscire a stare in piedi”…
“meno male che ci sono loro: in sala operatoria, in sala parto, in ambulatorio, in un camerone dell’ospedale ritrovo facilmente il senso della mia vita. Se un bambino stava per morire in utero, e noi riusciamo a tirarlo fuori prima che accada il peggio, cio’ appaga tutte le sofferenze trasversali che non ti aspettavi e che ti tagliano le gambe; un successo clinico con malato grave ti rinnova la forza fisica e morale, e ti dona il coraggio di credere che ha ancora senso andare avanti”.
Fr Beppe
PS: Ayub non e’ il vero nome, ma la storia e’ assolutamete autentica
1 commento:
Caro Fr. Beppe, desidero dirti la mia solidarietà per questa brutta storia, che tuttavia come tu hai ricordato, prima o poi capita a chiunque segua Cristo. Vorrei alzare la voce per esprimerti con più forza che mai la gratitudinee e la stima, a nome di tutti noi che ti conosciamo e ti stimiamo per quello che sei e per l'opera meravigliosa che compi con dedizione assoluta, mosso solo dalla carità di Cristo. Che Dio Padre ti benedica ancora più, caro fratel Beppe, ora che questa sofferenza ti ha avvicinato di più al suo Figlio, che ha ricevuto "insulti e sputi". Un saluto, pieno di stima e riverente affetto, ora più che mai. Alessandro Corsini
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