martedì 30 giugno 2009

Vedete come sono cresciuta?

Vi ricordate come mi chiamo? Mi riconoscete ancora? Oggi sono venuta trovare i Fratelli, che mi hanno dato i soldi per la rata delle tasse scolastiche, e vi ringrazio tanto anche a nome della mia mamma. Oggi sono venuta da sola, perche' la nostra casa e' a due passi dal Cottolengo Mission Hospital. Mia madre lavora a Meru e la vedo durante i fine settimana. Gli altri giorni sto a casa con la nonna.
Faccio la seconda elementare e me la cavo benino. Sono nella stessa scuola di Kawira e Faustine che vedo ogni giorno.
Ai miei genitori adottivi di Roma un fortissimo abbraccio.



Abigail Nkatha



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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