mercoledì 8 luglio 2009

Chaaria news

E’ in aumento il numero di bambini ricoverati in ospedale con forme severe di malnutrizione (marasma e kwashiorkor). Casi di colera, seppur sporadici, vengono ancora riportati di tanto in tanto.

Molti dei nostri pazienti ci descrivono una situazione terribile causata dalla siccita’ al Nord del Kenya: gia’ dalle parti di Isiolo molta gente non ha piu’ cibo. Piu’ si procede verso Settentrione e piu’ la scarsezza alimentare si fa acuta anche per il bestiame. I pascoli sono seccati e le riserve d’acqua ridotte ai minimi termini. Parecchi capi di bestiame muoiono di sete. Altri pastori sono costretti a vendere una mucca per 500 scellini, prima che soccomba per disidratazione (in tempi normali un bovino costa circa 40.000 scellini).

La situazione sta diventando sempre piu’ drammatica soprattutto per le popolazioni dedite all’agricoltura e alla pastorizia.

Mercy e’ stata ricoverata per quasi un mese a causa di una minaccia d’aborto. Abbiamo fatto di tutto, ma oggi purtroppo il feto e’ stato partorito morto all’eta’ gestazionale di circa 5 mesi. La mamma e’ devastata: e’ la quarta volta che le succede e non ha un bambino vivente. Mi ha detto che ora e’ quasi certa di essere ripudiata dal marito, e, con una storia del genere alle spalle, sa di non poter trovare altri uomini disposti a sposarla. Mercy piange disperata e ne ha tutte le ragioni. Io mi sento impotente di fronte a sofferenze cosi’ grandi, e cerco di ridimensionare le mie.



Fr. Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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