Ve lo ricordate il vecchio film di Ermanno Olmi dal titolo suddetto?
Lo vidi quando andavo al liceo e lo trovai di una tristezza devastante. Il vecchio padre di famiglia sfrattato dal ricco proprietario terriero per cui lavorava, per aver tagliato un albero al fine di preparare zoccoli nuovi al figlio che doveva andare a scuola.
Ricordo la conclusione desolante, in cui la famiglia, nella notte, raccoglie le proprie masserizie, e se ne va nel buio dell’ignoto, mentre il figlio del padrone sta suonando il pianoforte nel salone della casa riccamente illuminata, e gli altri “servi della gleba” guardano impauriti nascosti dietro le imposte mentre pregano il rosario.
Mi pare che questa scena sia un po’ un paradigma, o se vogliamo una parabola di cio’ che spesso succede ai piu’ poveri. I ricchi li condannano, distruggono la loro vita, senza neppure considerare che il loro sbaglio, seppur c’e’ stato, non e’ paragonabile alla punizione.
E’ accaduto ieri al padre di Jospine. Lui e’ uno dei pochissimi “single parents” (si puo’ dire ragazzi padri?) che conosco, in quanto la moglie e’ fuggita quando la bambina era piccolissima. E’ cosi’ povero da non avere una casa. Lavora e sopravvive nelle stalle della persone che lo assumono come manovale.
Da circa un anno aveva trovato un buon posto. Lavorava bene e pian piano stava accumuulando qualcosa per mettersi a posto e camminare con le sue gambe. Era quasi arrivato ad raccimolare una cifra sufficiente alla costruzione di una casa in legno con tetto in lamiera ondulata su un pezzettino di terra acquistato vicino ad una strada secondaria.
Era povero, ma felice. Soprattutto era orgoglioso che, qualunque cosa avesse potuto realizzare, lo avrebbe fatto da solo, senza clientelismo e senza corruzione.
Poi e’ successo il disastro… un evento simile a quello dell’albero degli zoccoli.
Di colpo e’ stato licenziato, sfrattato e lasciato sul lastrico, senza una apparente spiegazione.
I padroni possono sempre fare quello che vogliono, soprattutto quando la persona lavorava a giornata. La gente dice che la ragione e’ dovuta ad una accusa secondo cui il manovale avrebbe avuto una relazione segreta con la moglie del datore di lavoro. A me sembra del tutto improbabile, vista soprattutto la diversita’ di ceto sociale tra i due. Quando vedo il padre di Josphine tutto sporco e puzzolente di sudore, mi ripeto che tutte queste chiacchiere devono essere assolutamente false.
Ancora una volta assisto impotente ad una ingiustizia verso una creatura indifesa, ed nuovamente mi sento oppresso dal potere delle malelingue. Non so se chi ha messo in giro queste chiacchiere oggi si senta piu’ felice, dopo che questo poveraccio ha perso il lavoro. Non so se davanti a Dio senta di aver fatto una cosa giusta, prevenendo una crisi matrimoniale ed una situazione di peccato. Quello che e’ chiaro davanti ai miei occhi sono la faccia sconvolta e la mente confusa di quell’uomo che raccoglie le sue poche cose e le carica sul portapacchi della bicicletta. Lo vedo andare via a testa bassa, spingendo il suo amaro carico; non risce a pedalare e usa la bici come un carretto: lo richiamo indietro e gli chiedo come mai non ha provato a difendersi, a dire la sua versione della verita’.
“Credi che non ci abbia provato? Ma certe cose erano gia’ state programmate. Magari qualcuno era geloso del fatto che avevo potuto acquisire quel microscopico pezzo di terra; che tu avevi trovato uno sponsor per la scuola di mia figlia che ora non e’ piu’ una serva illetterata; che magari tra un anno avrei potuto avere una casa tutta mia. La vita e’ cosi’. Anche quando non fai male a nessuno. Pure se non parli mai male degli altri, e cerchi di ‘fare la tua vita’ dando il meglio di te stesso, ci sono gli invidiosi che si illudono di placare la loro rabbia distruggendo la tua serenita’. Ormai ho perso la fiducia nel genere umano da molto tempo, e quanto mi e’ successo ieri non e’ che una ennesima conferma di cio’. Lo so che mi saranno addosso di nuovo, che mi attaccheranno ancora, perche’ quella gente e’ insaziabile e ti vuole vedere in ginocchio. Io non desidero vendetta. Lo so benissimo chi sono, ma il mio silenzio e’ per loro una accusa ancora piu’ chiara che un forte litigio. Non mi prendero’ rivincite, ma saro’ pronto ad accettare un nuovo attacco a tempi ravvicinati, perche’ l’invidia rende ciechi ed e’ un male incurabile.
So che molta gente ora ridera’ di me: guarda l’amico del Muzungu; nonostante la protezione dell’uomo bianco, adesso e’ senza lavoro.
Ma Dio lo sa, e se chiude una porta, mi aprira’ una finestra. Dentro di me brucio di rabbia, e mi sento completamente schiacciato e sopraffatto. So che non dormiro’ (tra l’altro non so neppure dove passero’ la notte), ma so che pian piano i miei bollenti spiriti si raffredderanno ed il Signore mi dara’ nuove possibilita’ per il futuro. Nella mia preghiera augurero’ quotidianamente ai miei persecutori di gustare la loro vittoria fino in fondo”.
Io sono rimasto senza parole. Ho fatto un cenno con la mano ed ho abbassato lo sguardo, mentre un matatu che sfrecciava sorpassandoci, ci ha coperti con una nuvola di polvere rossa dove lentamente il povero disgraziato e’ sparito con il suo fardello di dolore e la sua bicicletta arrugginita.
Fr Beppe
Josphine e’ un nome d’arte per una storia vera
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