lunedì 27 luglio 2009

Mi chiamo Colline Ichilio

... Ho 16 anni e stavo frequentando la seconda superiore. Sono da sempre stata in difficoltà, perchè la mia mamma mi ha abbandonata quando ero piccola, ed il mio papà non so neppure chi sia. Sono stata praticamente adottata dalla mia zia (sorella di mia madre), che mi ha tenuta con sè da quando avevo 4 anni. Sono in effetti figlia di mia zia, e la mia mamma non la conosco quasi: so che abita a Nairobi nello slum di Kibera, ma a Chaaria non viene mai e non vorrei neppure vederla.
Mia zia ha sempre pagato le tasse scolastiche per me, ma ora ha un grosso problema: è stata inspiegabilmente licenziata dal lavoro, e non ce l'ha più fatta... Sono ancora a casa sua e continuo a vivere con lei, ma sono stata mandata via da scuola per accumulo di arretrati.
Mi spiace molto anche per la zia, perchè ora che non ha più un lavoro farà fatica pure per la sua vita quotidiana e per il mantenimento il suo figlio che è più piccolo di me. Ma soprattutto ora vorrei terminare la scuola: ho troppa paura di andare a finire in uno slum come mia madre. Con un po' di istruzione potrei più facilmente sperare di trovare un lavoro. Mancano ancora circa due anni prima che io completi il corso delle superiori. Quello che vi chiederei è un supporto economico che potrebbe essere di circa 250 Euro all'anno. Ciò mi darebbe la tranquillità di poter terminare i miei studi. Grazie in anticipo.



Colline


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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