martedì 21 luglio 2009

Un tempo Chaaria era tutta così...

... poi le cose sono cambiate. Il prezzo del cotone è diventato sempre più basso. La gente lavorava molti mesi per piantarlo, togliere le erbacce, raccoglierlo fiocco dopo fiocco... e veniva poi pagata una miseria.
Cotone.JPGIl cotone africano è diventato sempre meno competitivo rispetto a quello prodotto in altre Nazioni in cui la meccanizzazione, i concimi e i sussidi governativi consentivano ai contadini di produrre di più e a più basso prezzo.
A partire dalla fine degli anni 90 la gente ha quindi iniziato ad estirpare le piantagioni di cotone, orientandosi ad altre forme di "cash crops": in questo momento a Chaaria oltre alle piantagioni di sussistenza (granoturco, arachidi e fagioli), le coltivazioni più comuni sono quelle del tabacco, che per adesso rende, pur avendo un terribile impatto ecologico (necessita infatti un disboscamento continuo, in quanto la foglia del tabacco viene venduta secca, sopo essere passata per degli essiccatoi a legna).
La fabbrica governativa per la concia del cotone è oggi chiusa per circa 10 mesi all'anno. Queste due foto sono state scattate a Rikana, dove qualcuno ancora ci tenta, anche se magari otterrà circa 80 scellini per un saccone enorme di cotone. A Chaaria di campi come questi non ce ne sono più...


Fr Beppe


Cotone1.JPG



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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