Scrivo per chiedere se ci fosse tra i nostri lettori un oncologo che avrebbe la possibilita’ di aiutarci.
Per farci avere i farmaci si potrebbero usare due vie: la prima e’ quella di mandare un pacco postale in cui un medico ne dichiara il contenuto ed assicura che non contiene stupefacenti. Il nostro indirizzo e’:
COTTOLENGO MISSION HOSPITAL
PO BOX 1426
60200 MERU
KENYA
La seconda via possibile e’ di far pervenire la talidomide a Fr Giuseppe Meneghini, nostro Superiore, il quale in seguito potrebbe mandarci la medicina con i futuri volontari.
Il telefono di Fr Giuseppe e’: 011-5225080, mentre la sua mail e’
A nome del paziente, esprimiamo anticipatamente la nostra riconoscenza.
Fr Beppe
E’ L’OFFERTA CHE CREA LA DOMANDA...
... e di ciò sono profondamente convinto, anche se qualcuno pensa che possa essere una idea molto occidentale, simile a quella che ha portato al collasso di molti sistemi sanitari nazionali in Europa.
In realta’ io non intendo affatto creare bisogni fittizi, in modo da attirare gente all’ospedale per problemi irrilevanti.
La mia idea, anche in questo campo, si collega alla mia convinzione di fondo che, per essere missionari, bisogna avere una dedizione totale agli altri.
Faccio degli esempi per farmi capire: prendiamo per esempio il caso dei tumori, che, secondo molti libri sono rarissimi in Africa. Naturalmente, se non li cerchiamo, e se diamo a tutti quelli che afferiscono al nostro Centro solo una cura per la malaria, qualunque siano i loro sintomi… allora e’ chiaro che i tumori non li troviamo.
Altro esempio mi viene per inciso dalla mia esperienza a Mapuordit in Sud Sudan: laggiu’ la gente sostiene che di HIV non ce n’e’, perche’ loro sono ancora morigerati, mentre l’AIDS e’ un problema dei Paesi dove si è più libertini... certo che di immunosoppressione non se ne trovera’ mai finche non ci saranno strutture che faranno l’esame, e convinceranno la gente a lasciarsi testare!
Anche quando nel 1998 stavamo pensando al servizio di maternita’ a Chaaria, qualcuno, volendo dissuadermi, mi disse che non ce n’era alcun bisogno, perche’ la gente qui partorisce a casa. Mi dissero che avrei pagato del personale per un reparto vuoto: ebbene, oggi abbiamo 1800 parti all’anno.
Altri poi sostenevano che l’alimentazione della nostra popolazione a Chaaria fa si’ che non ci siano problemi di appendicite, per cui sarebbe stato inutile imparare a farla. Ora abbiamo almeno una appendicectomia alla settimana.
E che dire della gastroscopia, grazie alla quale sto trovando per esempio innumerevoli tumori dell’esofago. Qualcuno puo’ dire che e’ inutile fare una endoscopia quando poi non ci sono le possibilita’ per curare chirurgicamente o con chemioterapia il carcinoma diagnosticato... ma almeno, conoscendo la loro vera diagnosi, potrò aiutare questa gente ad accettare la realta’ e a risparmiare soldi spesi inutilmente in futili viaggi della speranza.
E’ chiaro che creare una offerta implica sia dedizione che impegno economico: e’ evidente che senza la maternita’ per esempio, io sarei molto piu’ libero ed avrei un sacco di possibilita’ di girare il Kenya e di fare un po’ anche il turista. Con la spada di Damocle dei cesarei sempre in agguato invece, sono una specie di cane al guinzaglio con una catena lunga solo fino a Meru... il massimo della distanza raggiungibile, per poter essere ancora reperibile in caso di cesareo urgente. Pero’ anche questa dedizione fa si’ che la gente venga a farsi curare a Chaaria. Infatti devono potersi fidare. Devono poter pensare che i servizi medici sono sempre a disposizione... se no, il tam tam delle notizie fara’ si’ che i malati smettano di afferire a noi, per paura che qualche complicazione possa accadere, senza che ci sia la possibilita’ di un intervento immediato.
Ecco il mio pensiero: se una struttura non vuole investire, sia in tempo materiale, sia in risorse economiche (per esempio pagando dei clinical officers o un anestesista), rischiera’ di trovarsi vuota, economicamente fallimentare e inefficace dal punto di vista della missionarieta’.
Fr Beppe
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