Ken era stato trasferito a Nkabune in un momento di superlavoro di Sr Oliva. Ci eravamo pero’ resi conto immediatamente che si trattava di una decisione sbagliata, in quanto i due orfanelli avevano bisogno l’uno dell’altro. Siamo dunque andati a riprenderci Ken, che ha quindi potuto reincontrare il gemello Bonface e stare con lui sia di giorno che di notte, sulla carrozzina o nella culla.
Ma nell’ultimo mese Bonface, pur essendo pasciuto e grassottello, ha iniziato ad accusare frequenti episodi di insufficienza respiratoria. Aveva broncospasmo, cioe’ un respiro di tipo asmatico; tossiva, ma non produceva escreato; a volte sembrava veramente che gli mancasse l’aria.
Lo abbiamo curato varie volte, pensando a bronchioliti o ad una bronchite asmatiforme, che sospettavamo di origine allergica: incolpavamo la polvere, gli acari dei materassi e forse anche l’introduzione troppo precoce delle proteine del latte bovino.
Il fatto e’ che Bonface migliorava per un po’ con le medicine, ma la situazione si ripresentava inalterata dopo una o due settimane.
Gli abbiamo dato antibiotici, per curare una eventuale broncopolmonite, ma anch’essi non hanno portato a dei risultati stabili: un leggero di miglioramento e poi la ricaduta...
Domenica scorsa Bonface stava benissimo, e lo ricordo a Messa, come al solito, in braccio a Naomi.
Invece ieri mattina era nuovamente molto malato: era dispnoico (cioe’ non riusciva a respirare); all’ascoltazione del torace il solito broncospasmo diffuso, come se il bimbo fosse asmatico. Bonface poi era agitatissimo. Non piangeva, perche’ probabilmente non ne aveva la forza, ma non resisteva in nessuna posizione. Le sue labbra ed il suo letto ungueale erano cianotici (cioe’ di colore bluastro).
“Che non sia una tubercolosi?”, ho pensato, ricordando tutte le volte in cui e’ stato preso in braccio da una malata HIV positiva o in terapia anti-TBC.
“Dobbiamo fare una lastra del torace oggi, per capire contro che cosa stiamo sparando i nostri antibiotici”.
Questa procedura diagnostica, cosi’ semplice in Italia, per noi comporta un esercizio logistico non da poco: abbiamo predisposto la bombola dell’ossigeno sull’ambulanza; Bonface ha fatto il viaggio verso Meru in braccio a Sr Florence ed attaccato al cilindro che lo aiutava a respirare. Il tragitto e’ stato particolarmente difficoltoso a causa di vari tratti di strada resi quasi impraticabili dai mesi di precipitazioni eccessive dovute al fenomeno “El Nino”.
Il nostro orfanello e’ arrivato al centro radiologico in condizioni molto gravi. La dottoressa e’ stata bravissima ed ha fatto subito la lastra, consentendo a Sr Florence di saltare la lunga coda dei pazienti arrivati prima di lei.
Immediatamente dopo il test Sr Florence ed il nostro autista sono volati a Chaaria: la sorella aveva con se’ del cortisone e lo ha praticato al piccolo, mentre mi ha telefonato e mi ha detto di essere pronto a ricevere Bonface immediatamente all’arrivo dell’ambulanza perche’ era molto grave.
Purtroppo pero’ la situazione e’ precipitata ancor piu’ rapidamente, e, quando ho visto l’auto entrare nel cortile dell’ospedale a velocita’ sostenuta, ho compreso dai volti di Joseph e Sr Florence che ormai era troppo tardi.
Bonface aveva smesso di respirare a Giaki, quattro chilometri prima di Chaaria.
Siamo rimasti ammutoliti.
“Che cosa sara’ successo? Ieri giocava con Naomi!”
“Che cosa abbiamo dimenticato? Quale diagnosi ci e’ sfuggita?”
“Magari la lastra ci dira’ qualcosa in serata quando Joseph ce la portera’ da Meru”.
Nel momento di confusione che e’ seguita all’arrivo del corpicino, Bonface e’ stato depositato nello stesso lettone di Ken, che si e’messo a piangere disperatamente. Non so se ha avuto la percezione che il gemellino che gli giaceva a fianco era ormai partito per un viaggio da cui non sarebbe mai piu’ tornato.
Intanto passano le ore, e finalmente Joseph ritorna da Meru con gli altri pazienti che erano stati accompagnati per la radiologia.
Guardo la lastra di Bonface, ed in cuore mi sento come se gli stessi facendo l’ autopsia.
La metto sul diafanoscopio e rimango di stucco: Bonface aveva un cuore enorme che praticamente gli copriva quasi tutto il torace. La forma di quel cuore ricorda molto uno scarpone. Guardo il referto, ma so gia’ cosa dira’: “paziente con malattia cardiaca. Ecocardiogramma indicato per una diagnosi piu’ precisa”.
“Che stupido che sono stato a non pensare che i suoi attacchi di broncospasmo avrebbero potuto essere dovuti ad un’asma cardiaca”.
Pero’ e’ strano: Bonface ha pochi mesi; se si trattasse di una cardiopatia congenita con difetti intercamerali, mi sarei aspettato un bimbo emaciato che non cresce, magari con le labbra e le unghie costantemente bluastre. Bonface invece era paffuto e pesante per la sua eta’... quando non aveva un attacco in corso poi, non era affatto dispnoico.
Che si tratti di una cardiopatia reumatica a pochi mesi dalla nascita? Mi sembra troppo presto.
Mentre mi arrovello il cervello nei sensi di colpa, Kanyua mi dice:
“ ma se anche avessi fatto la diagnosi, chi avrebbe pagato per l’intervento cardiochirurgico?”
Anche questo e’ un dato di fatto.
Ora comunque dobbiamo elaborare il lutto nella piccola famiglia dei nostri orfani.
Ken e’ rimasto solo, e Bonface non tornera’ piu’.
Essendo gemelli, la prima cosa da fare quando la macchina ritornera’ a Meru, strade permettendo, sara’ una lastra anche per Ken, al fine di evitare brutte sorprese in futuro.
Fr Beppe
PS: Non abbiamo ancora deciso nulla per il funerale. Pare che ci siano dei parenti lontani, e, prima di seppellirlo, dobbiamo essere sicuri che non ci faranno storie.
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