Le proprieta’ terapeutiche del miele sono state conosciute fin dall’antichita’. Ne parla anche Aristotele (350 A.C.). Il suo impiego e’ stato piu’ o meno costante nella medicina tradizionale di molti popoli lungo il corso dei secoli.
Ma la farmacopea ufficiale ha sempre disprezzato un prodotto ritenuto non medicinale. Segni di una sua riscoperta si notano a aprtire dal 1989 quando Zumla e Lutat scrivono nel prestigioso Journal of the Royal Society of Medicine delle sue varie possibili proprieta’ terapeutiche, ancora largamente non studiate e comprese.
Andando a spulciare su Medline si possono comunque trovare varie segnalazioni e studi, seppur su campioni non molto grandi, circa le proprieta’ terapeutiche del miele per esempio per la guarigione di ulcere croniche, purulente, necrotiche e refrattarie alle comuni terapie topiche.
Uno dei meccanismi di azioni del miele pare basarsi sulle sua caratteristiche di osmolarita’. In pratica sembrerebbe causare un ambiente iperosmotico in cui i batteri che contaminano le ulcere e sono responsabili del loro peggioramento, vengono in pratica uccisi per essiccamento. Inoltre l’iperosmolarita’ del miele pare pure molto utile per il “risucchio” all’esterno delle secrezioni prodotte dall’infiammazione: il miele quindi incoraggia un ambiente piu’ asciutto per l’ulcera, promuovendo la cicatrizzazione.
Inoltre l’iperviscosita’ del miele sembra produrre un’ottima barriera all’ingresso di nuovi germi, prevenendo cosi’ sovrainfezioni ed infezioni crociate. La stessa caratteristica poi previene l’adesione delle garze alla ferita... cosa molto dolorosa per il paziente ed anche nociva, in quanto alla rimozione della medicazione sporca si tende a “strappar via” anche lo strato di cellule di granulazione neoformate.
Il miele contiene anche un enzima (la glucosio-ossidasi) che diventa attivo quando il miele stesso e’ diluito, producendo in quantita’ controllate acqua ossigenata, utile nei processi di pulizia del materiale necrotico e della fibrina (Molan, 1992). Inoltre da tempo si sa che una piccola dose di acqua ossigenata funge da stimolatore della moltiplicazione cellulare nella granulazione delle ferite (Burdon, 1995).
Il miele ha chiari effetti antinfiammatori ed antiossidanti, che riducono i processi di cicatrizzazione ipertrofica delle ulcere. La sua azione sui radicali liberi, oltre che le sue proprieta’ antibatteriche lo rendono interessante pure per la cura di altre patologie: uno studio spagnolo ritiene che l’impiego di miele possa ridurre la necessita’ di antibioticoterapia in caso di affezioni dell’apparato respiratorio.
Ci sono anche evidenze di una attivita’ battericida del miele sull’helicobacter pylori. Seguendo alcuni dati di letteratura anche noi di Chaaria consigliamo ora 30 mg di miele tre volte al giorno nella dieta dei pazienti in terapia per ulcera peptica.
Sia l’azione sulle piaghe che quella nel miglioramento delle polmoniti paiono legate al fatto che il miele ha un effetto immunostimolante sia sui linfociti T che sui B, oltre che sui fagociti.
Molti studi sono ora in corso per dare una dignita’ scientifica a tali osservazioni (presso l’Universita’ di Liverpool; l’Universita’ dell’Illinois, Chicago; l’Universita’ di Otago).
Dietro suggerimento del volontario Dr Antonello Meloni, mi sono documentato, ho studiato, e sono giunto alla decisione di provare questa terapia.
Ebbene, i risultati sono molto incoraggianti.
Le piaghe piu’ puzzolenti hanno cessato di odorare in brevissimo tempo; quelle sporche sono diventate rapidamente rosee e granuleggianti. Nel caso della piccola Josephine i decubiti si stanno quasi chiudendo.
Considerando anche la facilita’ di reperimento del miele ed il suo basso costo, ci sembra che questo modo di medicare le piaghe sia ottimo, tanto per l’economia dell’ospedale, quanto e soprattutto per il bene dei pazienti.
Prendendo tale decisione non ci sentiamo ne’ degli erboristi, ne’ degli stregoni.
Ricordiamo per esempio che la digitale e’ un vegetale, e che l’artemisia annua, da cui abbiamo i nuovi farmaci antimalarici, e’ un fiore. Anche il chinino deriva da una pianta (dalla corteccia del chincona tree).
L’uso del miele inoltre ha gia’ una sua dignita’ nella bibliografia su Medline.
Se poi grandi Universita’ si stanno interessando ad esso, e’ perche’ c’e’ della scienza vera nella nostra osservazione che il miele funziona.
Personalmente ringrazio Antonello per avermi convinto, e per avermi dato la bibliografia necessaria per arrivare alle mie conclusioni. Ma sono soprattutto i malati che vanno meglio ad esprimere ad Antonello la loro riconoscenza.
Fr Beppe Gaido
References
Abuharfeil N, Al-Oran R and Abo-Shehada M (1999) The effect of bee honey on the proliferative activity of human B- and T-lymphocytes and the activity of phagocytes. Food Agric. Immunol. 11 169-177.
Al Somai N, Coley KE, Molan PC and Hancock BM (1994) Susceptibility of Helicobacter pylori to the antibacterial activity of manuka honey. J. R. Soc. Med. 87 (1) 9-12.
Ali ATMM and Al-Swayeh OA (1997) Natural honey prevents ethanol-induced increased vascular permeability changes in the rat stomach. J. Ethnopharmacol. 55 (3) 231-8.
Allen KL, Hutchinson G and Molan PC (2000). The potential for using honey to treat wounds infected with MRSA and VRE. First World Wound Healing Congress, Melbourne, Australia.
Allen KL and Molan PC (1997) The sensitivity of mastitis-causing bacteria to the antibacterial activity of honey. N. Z. J. Agric. Res. 40 537-540.
Allen KL, Molan PC and Reid GM (1991) A survey of the antibacterial activity of some New Zealand honeys. J. Pharm. Pharmacol. 43 (12) 817-822.
Aristotle (350 BC). Historia Animalium. Oxford University, Oxford, U.K (1910).
Betts JA and Molan PC (2001a) Honey as a wound dressing. Tissue Issue (NZ Woundcare Society) 6 (4) 3-4.
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