domenica 30 gennaio 2011

... altri aspetti magici... a distanza...

…stasera il desiderio di condividere alcuni lati della magia di Chaaria si è accessa più grande del solito…
Ho acceso il computer e mi sono collegata al blog… ho iniziato la lettura del nuovo post e la rilettura degli altri  (…non mi accontento mai di gustarli una volta sola, scovo sempre emozioni diverse...) e per un momento mi son detta che forse tutto ciò che stavo per scrivere sarebbe stato in confronto piccolo, forse fuori luogo, i miei pensieri della serata in confronto alla vita a Chaaria sono frammenti di fortunata realtà che poco possono interessare  e poco hanno a che fare con la dura quotidianità africana e i forti sentimenti di contrasto…
Ma fermandomi ho deciso di annoiare il lettore ugualmente perché Chaaria a migliaia di chilometri di distanza è anche questo…
…stasera ci siamo ritrovati, noi, piccola truppa di volontari di Chaaria di dicembre/gennaio, in una “rimpatriata” italiana e le sensazioni sono esplose..
In fondo non ci conosciamo, abbiamo trascorso insieme tre settimane della nostra vita che possono sembrare un nulla in confronto agli anni di ognuno di noi…
Eppure, e mi arrogo il diritto di parlare per tutti, c’è qualcosa di magico nel rapporto che si è creato, e nell’eterogeneità dei discorsi la serata è trascorsa serena e piacevole come un incontro tra vecchi amici…
Anche con l’occhio stanco e l’avversità della neve che avrebbe reso il ritorno nei luoghi dispersi  della geografia piemontese assai arduo, la tentazione di una sfogliata alle foto ha vinto e il pensiero di ognuno al ricordo di quei momenti è volato in terre keniote..
Ho la certezza che per tutti il pensiero del ritorno a Chaaria sia un chiodo fisso (temo si tratti di seria patologia, dicesi chaarite, forma di dipendenza cronica senza nota terapia)  e la voglia di sostenere la missione un obiettivo comune…che nella condivisione è reso ancor più importante. 
Anche questa è Chaaria….

Monica Carello



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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