mercoledì 5 gennaio 2011

Ancora siccità al nord


Il Kenya settentrionale da sempre e’ poverissimo, arido e popolato da etnie di pastori nomadi. Le loro case sono manyatte o capanne in fango e paglia.
La siccita’ che quest’anno si e’ abbattuta sul Kenya gia’ sta facendo sentire i suoi effetti in tali distretti semiaridi o completamente desertici.
I pascoli scarseggiano e le mucche devono camminare anche 15 chilometri per trovare acqua e pascoli. Questo ha ridotto la produzione di latte del 50% a partire da dicembre.
Il problema maggiore e’ l’acqua per abbeverarsi. Nei distretti piu’ settentrionali, da Isiolo a Marsabit, al West Pockot sono molti i bovini gia’ morti di sete.
Il governo e’ comunque attivissimo per una siccita’ che in qualche modo era annunciata: l’anno dopo il fenomeno “El Nino”, che ci porta precipitazioni eccessive ed allagamenti, segue infatti l’evento atmosferico denominato “La Nina”, che causa siccita’. Si stanno scavando pozzi per dare acqua alle popolazioni del Nord, e sono in corso anche gli aiuti alimentari. Il governo e’ certo che non ci saranno vittime umane grazie al cibo che sara’ distribuito tempestivamente, anche se in alcune aree gia’ sono in aumento gli indici epidemiologici di malnutrizione tra i bambini.
Pure in Tharaka ed in Meru ci attendiamo mesi difficili, in cui l’acqua scarseggera’ sempre di piu’, ed il prezzo degli alimenti salira’ a motivo della scarsita’ dei raccolti: quello dell’acqua sara’ tra l’atro un problema estremamente grave per la Missione e per l’ospedale. Siamo infatti molto preoccupati per i livelli delle falde acquifere nei nostri pozzi. Dite una preghiera anche per questo.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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