lunedì 7 marzo 2011

Il parto podalico

In Europa credo che sia sempre una indicazione al taglio cesareo.
Le linee guida del Kenya parlano invece di indicazione assoluta al cesareo nel caso di presentazione podalica in primipara, mentre alla multipara andrebbe concessa la possibilita’ di parto naturale (se lo desidera).
Io applico naturalmente le regole del Paese in cui opero... ma purtroppo in Medicina 2 + 2 non fa mai 4.
Una primipara a volte arriva di notte con i piedi del feto ormai visibili all’esterno, e riesce comunque a partorire senza grosse difficolta’; mentre altre volte una multipara sviluppa complicazioni impreviste. La piu’ temibile e’ quella che in Inglese chiamiamo “head stuck” (testa bloccata), e cioe’ il fatto che si riesce a far partorire senza problemi il corpo e gli arti del nacituro... ma poi il bambino rimane incastrato con la testa dentro il corpo della madre.
Sono attimi tremendi ed interminabili, in cui letteralmente “perdi 10 anni della tua vita”: a volte si riesce ad uncinare la mandibola del feto ponendogli un dito in bocca e, con tale manovra, si ottiene un’espulsione rapida abbastanza da impedire il decesso del neonato.
In altri casi invece passano dei “minuti eterni” prima che la testolina decida di uscire: sono questi i momenti cruciali che decideranno il futuro della creaturina, perche’ il cordone ombelicale rimane compresso tra il cranio del bimbo e le ossa del bacino materno... e l’ipssia cerebrale si instaura velocemente.
Stanotte alle 3 mi e’ successo con una multigravida!
Aveva gia’ tre figli a casa, e tutto faceva presupporre che il parto podalico sarebbe avvenuto velocemente e senza difficolta’.
Invece e’ capitato l’imponderabile: corpo estratto facilmente, arti liberati velocemente... ma testolina “ ancorata” al bacino materno.
Abbiamo tremato e sudato... le abbiamo tentate tutte... poi alla fine la testa l’abbiamo estratta (dopo quella che a me’ e’ parsa un’eternita’); abbiamo quindi rianimato a lungo il neonato dal punto di vista cardiorespiratorio... ma non c’e’ stato nulla da fare. Il bimbo non ha mai neppure tentato di iniziare a respirare.
Naturalmente mi sono tormentato con i sensi di colpa... “avessi fatto il cesareo!”.
Ma e’ pur vero che molte donne rifiutano l’intervento... e poi girano anche voci che noi vogliamo cesarizzare troppo spesso, per averne vantaggi economici.
Ho quindi deciso per il parto naturale... ed in questa decisione ero supportato dalle linee guida nazionali; ma anche stavolta le cose sono andate in un modo inaspettato, e nuovamente sono qui a ripetermi che e’ inutile “piangere sul latte versato”.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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