venerdì 29 aprile 2011

La notte più lunga

Nessun generatore funzionante.
Il pannello solare ha tenuto solo fino a mezzanotte, poi e’ stato il buio totale. Abbiamo distribuito candele ovunque, ma lo staff continuava a lamentarsi quasi che il problema fosse mio, e che non facessi niente per dare loro la luce.
“Come facciamo a prendere le vene ai bambini?”, mi chiedono, quasi come se io avessi la possibilita’ di risolvere una situazione per me insolubile.
Di acqua non ce n’e’ piu’ e lo stesso dicasi del materiale da sterilizzare.
Stamattina abbiamo mandato il trattore a Chaaria a raccogliere l’acqua al fiume, mentre l’ambulanza e’ andata a Nkubu a sterilizzare.
In sala lavoriamo con il supporto del generatore piccolo, che comunque ci da’ pochissima corrente, e non ci permette di usare l’aria condizionata.
Tutte le volte che il motore grippa un po’ e le luci si abbassano, per noi e’ una vera angoscia. 
Poi e’ successo davvero....
Il generatore si e’ spento mentre tentavamo di chiudere il peritoneo alla fine di una appendicectomia, ed abbiamo terminato al buio!.
E’ uno stress difficile da gestire emotivamente. Tutti che chiedono: quando arrivera’ la luce? Ed io che non ho risposte, ed ho in cuore l’angoscia che da un momento all’atro potrebbe arrivare la decisione di chiudere l’ospedale, vuoi per mancanza d’acqua e vuoi per impossibilita’ di sterilizzare.


PS: la situazione si sta lentamente normalizzando questa sera... e’ arrivata la luce di rete, e Kimathi sta ultimando le riparazioni del generatore che dovrebbe essere attivo domani in giornata.
In nottata ci affideremo ancora ai pannelli (che oggi si sono ricaricati bene e non dovrebbero quindi tradirci) ed al generatore piccolo, nella malaugurata evenienza che mancasse di nuovo l’elettricita’.
Le pompe ora hanno riempito i nostri tank... e la mia prima doccia dopo 3 giorni e’ stata mitica.
In sala possiamo usare l’aria condizionata, e questo rende la vita un po’ meno dura a Pietro e Federica, che sono arrivati ieri in una situazione disperata, ma hanno dimostrato una capacita’ di adattamento davvero africana.
Tutto il materiale di sala e’ adesso sterile.
Speriamo solo che la luce non se ne vada di nuovo...

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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