sabato 14 maggio 2011

Christine

Ciao, mi voglio presentare.
Mi chiamo Christine e vengo da un villaggio vicino a Tuuru.
Purtroppo sono anche io un’orfanella, anche se, considerando la situazione degli altri, mi sento in qualche modo molto fortunata in quanto ho ancora il papa’.
Ho una zia che e’ Suora del Cottolengo: si chiama Sr Jerusha ed e’ nella comunita’ di Langata a Nairobi.
La mia mamma si e’ ammalata di malaria complicata la settimana scorsa, e purtroppo non ce l’ha fatta. Era stata ricoverata in un ospedale non lontano dalla sua casa di origine, ma poi e’ mancata nonostante le cure dei medici.
Mio papa’ e’ molto confuso: e’ molto giovane ed ora deve ricominciare tutto nella vita. Pensate che i miei genitori erano sposati solo da un anno.
La confusione e la depressione di mio padre sono le ragioni che hanno portato alla richiesta di affidarmi per alcuni mesi alle cure del Cottolengo Mission Hospital, dove avranno il compito di insegnarmi a bere quei terribili latti in polvere che mi fanno vomitare... il latte di mia mamma era veramente un'altra cosa!
Quando saro’ piu’ grande tornero’ da mio papa’; me lo ha promesso... e magari avro’ una nuova mamma.
Vero che pregate per me? La mia mamy mi manca terribilmente.

Christine


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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