domenica 22 maggio 2011

Viaggio al nord del Kenya

Oggi insieme facciamo un viaggio fotografico al Nord del Kenya, nell’Isiolo, fino ad Archer’s Post, Lodokejeck e Wamba.
E’ un viaggio in posti aridi e poverissimi, dove lo sviluppo non e’ ancora arrivato, salvo per i pochi matatu che viaggiano sulle strade senza asfalto.
Incontriamo lungo la strada gente bellissima, nei loro abiti tradizionali: soprattutto gli uomini sono poco vestiti, ma sono eleganti e ieratici.
Rimaniamo incantati davanti ai loro amuleti, ai bracciali ed alle collane; siamo senza parole di fronte ai loro volti colorati, secondo arcani criteri di cosmesi. Proviamo trasporto ascoltandoli cantare ad occhi chiusi le loro cantilene mugugnate in lingue arcane che noi non riusciamo a comprendere.
Le loro case di paglia (le famose manyatte) ci incuriosiscono e ci fanno sognare una vita bucolica a contatto con la natura... una vita dedita alla pastorizia e priva di stress.
Ma quando li vediamo seduti nel povero dispensario; quando vediamo i bambini che vengono visitati per segni di malnutrizione; quando scorgiamo le madri, che, insieme alle medicine, ricevono anche aiuti alimentari dalla missione che gestisce il dispensario, ci rendiamo conto che qui la vita bucolica non e’ affatto: e’ durissima e severa... e puo’ far emozionare solo noi bianchi, che comunque siamo sicuri di poter tornare a Chaaria dove ci aspetta una doccia ed un pasto caldo, uniti ad un comodo letto protetto dalla sua zanzariera.

Fr Beppe Gaido










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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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