mercoledì 29 giugno 2011

La pietra nera

Tutti qui hanno questo importante salvavita a casa. E’ uno dei rimedi piu’ conosciuti dalla medicina tradizionale per il morso dei serpenti, rimedio che io comunque cerco di rispettare: infatti se tutti la usano, non solo in Kenya, ma anche in altri Paesi africani, vuol dire che ci deve essere qualche base scientifica al suo funzionamento.
Ho cercato di capire di cosa si tratta, ma e’ molto difficile cogliere la verita’, perche’ spesso i guaritori tradizionali sono gelosi dei loro segreti.
Naturalmente non la trovi nei supermercati, ma devi conoscere uno di questi cosiddetti stregoni che la prepareranno per te.
La pietra nera viene applicata direttamente alla zona del morso subito dopo l’attacco del rettile; viene tenuta schiacciata per alcuni istanti finche’ prende adesione autonomamente. 
La credenza popolare e’ che rimarra’ attaccata alla cute finche’ tutto il veleno sara’ riassorbito; e poi si stacchera’ da sola. Osservandola attentamente, mi pare che possa trattarsi di un osso piatto di qualche animale, osso che e’ stato poi abbrustolito alla fiamma o carbonizzato sotto terra come qui si fa anche per preparare la carbonella. Ma gli stregoni dicono che e’ realmente una pietra, che loro ottengono in posti segreti.
La ragione per cui si attacca alla zona di inoculo e’ da ricercare nella porosita’ del tessuto osseo che richiamerebbe il liquido di edema, mentre la sua efficacia potrebbe derivare proprio dal fatto che, assorbendo secrezioni biologiche nella zona di inoculo, potrebbe contribuire alla eliminazione del veleno prima che lo stesso possa entrare in circolo. 
Io credo che la pietra si stacchi quando non c’e’ piu’ liquido di edema o quando e’ completamente satura.

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....