“Non sono un genio, e non so bene che tipo di aiuto io possa dare a Chaaria!”.
“Qui non abbiamo bisogno ne’ di geni, ne’ di luminari. D’altra parte neppure io lo sono.
Quello di cui realmente abbiamo urgente necessita’ e’ di gente che abbia sincero desiderio di mettersi in gioco e di donarsi agli altri con generosita’”.
“Allora in questo posso dire che io ho molto da dare, perche’ sono venuto proprio spinto da un bosogno di dedizione verso chi e’ meno fortunato di me”.
“Certamente, la cosa piu’ importante che io chiedo ad un medico di medicina interna quando viene a Chaaria, non e’ di azzeccare la diagnosi rarissima, o di prescrivere il farmaco uscito ieri. Io gli chiedo di prendersi cura dei malati del reparto, che sono i piu’ gravi... e purtroppo a volte anche i piu’ trascurati a causa della pressione continua dell’ambulatorio, della maternita’ e della chirurgia.
Il fatto stesso che i ricoverati possano vedere il medico tutti i giorni e’ un lusso che a loro spesso viene negato. Ci sono persone che vengono ricoverate e dimesse, senza mai poter vedere il dottore, a causa della nostra carenza di personale.
Per cui il fatto stesso che tu li visiti tutti i giorni e’ un dato importante, che dimostra loro che ci vogliamo prendere cura di loro seriamente... e gia’ questo porta con se’ importanti elementi terapeutici per la guarigione.
Proprio ieri ho partecipato ad una conferenza tenuta da un ricercatore dell’universita’ del Michigan in visita a Meru: lui sostiene che un buon rapporto medico-paziente, la rassicurazione e la consolazione insieme costituiscono un potente analgesico, in quanto causano la liberazione di cannabinoidi ed oppioidi endogeni che fanno sentire immediatamente meglio il paziente.
E poi considera che per loro, il fatto di essere visitato da un MEDICO BIANCO costituisce un doppio elemento di guarigione.
Credo molto al motto che il grande prete italiano don Milani ha assunto come motto per il suo progetto di dedizione ai bambini. Lui diceva che quello che deve essere il nostro ideale e’ il termine inglese I CARE. I CARE letteralmente vuol dire prima di tutto che me ne importa... e questo e’ il primo messaggio che diamo ai malati con la nostra costante presenza, anche quando non siamo in grado di guarirli, anche quando sono pieni di metastasi o sono in stadio terminale di AIDS. A noi importa veramente di loro, perche’ sono entrati a far parte della nostra vita.
I CARE vuole anche dire che me ne prendo cura: e questo e’ quello che intendiamo fare a Chaaria. Prima di tutto prenderci cura dei poveri e degli ammalati con una attenzione e dedizione amorosa, e poi, se possibile, anche dare loro un intervento terapeutico efficace per la guarigione. Non sempre e’ possibile guarire i nostri malati, ma sempre e’ possibile prendersi cura di loro, dire loro con i fatti che essi sono importanti per noi, che fanno parte della nostra vita e che per loro siamo disposti a sacrificarci di giorno e di notte, sette giorni alla settimana.
Questa dimensione dell’I CARE e’ alla portata di tutti i medici volontari che vengono a Chaaria. Non sara’ quindi necessario avere un premio Nobel per la medicina od un primariato. Qello che contera’ di piu’ nell’esperienza sara’ la dedizione e l’amore per chi soffre, sara’ il rapporto umano positivo e fraterno, sara’ una relazione psicologica di supporto che contribuira’ non poco alla guarigione”
“Allora, da questo punto di vista, io mi sento un esperto, e mi pare di poter dire di aver trovato il posto che cercavo. Lascio da parte le mie paure, i miei sensi di inferiorita’ e le mie ansie di prestazione, e semplicemente cerco di donarmi al massimo”
“Perfetto. In questo ci troviamo in sintonia totale!”
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