domenica 3 luglio 2011

Gente di Chaaria

Con una cena fraterna abbiamo stasera salutato la dottoressa Federica Dassoni che domani ci lascia e ritorna a casa dopo un ottimo servizio ai nostri pazienti (sia dermatologici che non) ed al nostro staff (che ha veramente apprezzato le lezioni magistrali da lei offerteci). Anche io ho davvero imparato molto, anche se la dermatologia mi e' piu' ostica del greco al liceo.
Federica, insieme a Franco, oggi ha potuto visitare il parco del Samburu, godendosi una giornata africana diversa, a contatto con una natura intensa.
Ringraziamo di cuore la dottoressa Dassoni e ci auguriamo che la collaborazione dermatologica con lei e con altri specialisti possa continuare e crescere, dato il numero di patologie strane e spesso gravi che per noi costituiscono un vero rompicapo, e che tanta sofferenza causano ai pazienti.
Franco sara' invece con noi fino a venerdi'.
Nella seconda foto potete invece vedere i nostri amici polacchi Matheus ed Ania, di cui vi ho accennato due giorni or sono. Essi oggi hanno deciso per una giornata Chaaria: infatti sono appena arrivati, ed avranno certamente altre possibilita' per il Parco Nazionale, dato che la loro permanenza di protrarra' per tre mesi. 
Di Matheus ed Ania posso dire che sono veramente dei grandissimi lavoratori, pieni di entusiasmo e di buona volonta'.
Ancora una volta rendiamo grazie a Dio per il preziosissimo dono dei volontari italiani e stranieri, che ci portano aiuto, nuove competenze, freschezza nel servizio ed entusiasmo nella dedizione.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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