giovedì 29 settembre 2011

La sala operatoria

I lavori continuano a tutto vapore, anche se sentiamo fortissimo il peso della tremenda inflazione che sta colpendo lo scellino kenyano (ai minimi storici nei confronti di dollaro ed euro). I prezzi continuano ad aumentare vertiginosamente, ma, nonostante tutto, e con il generoso contributo di tantissimi donatori, riusciamo ad andare avanti nella costruzione.
Finora non abbiamo mai chiuso il cantiere per problemi economici. 
Come potete vedere dalle foto, siamo ormai alle rifiniture. L’ingresso principale e’ gia’ stato intonacato; stiamo apponendo gli infissi delle finestre; abbiamo completato un muro di sostegno per evitare la frana del terreno in pendeza, a valle dello stenditoio. Nella parte interna stiamo ora mettendo la pavimentazione. Il sistema di condizionamento dell’aria e’ gia’ stato acquistato, e sara’ installato appena avremo completato la soffittatura della sala operatoria. Gli impianti per acqua ed elettricita’ sono stati ultimati. 
Come appare dalle foto, il terreno in pendenza ci ha permesso di realizzare anche un magazziono per le medicine, ed un vano per il gruppo autogeno (la’ dove vedete il colonnato). 
Quello che ci rimane da fare e’ l’acquisto della strumentazione e degli arredi... ma siamo molto ottimisti, perche’ sappiamo che anche in questo (e nonostante la caduta libera dello scellino), la Divina Provvidenza non cessera’ di venirci incontro. 
Ancora un sentito ringraziamento ed una preghiera sincera per tutti coloro che si sacrificano per donare il loro obolo alla causa della nostra sospirata sala operatoria. 

La comunita’ di Chaaria 






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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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