giovedì 20 ottobre 2011

Un elemento di orgoglio

Il Santo Cottolengo soleva dire che "la Divina Provvidenza benefica tutti coloro che fanno del bene alla Piccola Casa", e con questo intendeva dire che tutti i benefattori avrebbero poi anche beneficiato delle particolari attenzioni della Provvidenza del Padre, in ricompensa alla loro generosita'. 
Ho sempre pensato che i primi benefattori della Piccola Casa sono in realta' le nostre famiglie: prima di tutti i nostri genitori, che hanno sacrificato tutti i progetti ed i sogni su di noi, per donarci completamente alla Piccola Casa a fondo perduto; ma poi anche i nostri parenti piu' stretti, che hanno dovuto accettare la nostra lontananza, la nostra assenza a tanti momenti familiari importanti, e spesso anche la nostra impotenza nell'aiutarli (per esempio economicamente). 
Quindi ho sempre ritenuto che le nostre famiglia debbano avere un posto importante nelle attenzioni e nei servizi delle comunita' religiose dellla Piccola Casa: se non ci fossero state delle buone famiglie alle nostre spalle, non ci sarebbero neppure le nostre comunita' religiose. Ecco perche' mi sento sempre molto onorato quando, come comunita' e come Istituto, possiamo fare qualcosa di importante per i nostri cari. 
Ebbene, a Chaaria abbiamo sempre cercato di farlo, con le famiglie dei nostri confratelli africani. Nell'ultimo mese per esempio abbiamo operato con successo la nipote di Fr Robert Maina che ora e' completamete ristabilita; inoltre, proprio oggi abbiamo sottoposto la sorella di Fr Albert ad un grosso intervento di chirurgia maggiore. 
L'operazione e' andata bene, ed insieme a tutti i Fratelli di Chaaria mi sento umanamente orgoglioso per aver potuto dare anche queste risposte ai bisogni di salute dei parenti dei nostri confratelli. 

Fr Beppe Gaido e comunita' di Chaaria 


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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