giovedì 19 gennaio 2012

Impressioni sull'ultimo viaggio di Sr. Oliva

S. Oliva e' stata messa in una cassa bianca; questo era un suo desiderio. Era bella e sorridente. Io sono partita con il bus, con tutte le persone di Chaaria che hanno presenziato alla funzione. 
Siamo arrivati a Tuuru che la Messa era gia' iniziata, la chiesa piena di gente e tutti i ragazzi della scuola. Officiava il Vescovo di Meru e con lui tantissimi sacerdoti tra cui anche Don Giusto e naturalmente il parroco di Chaaria. 
Cerimonia molto commovente, un tripudio di persone che hanno onorato la memoria di S. Oliva. Questo lei se lo meritava proprio (chi si umilia sara' esaltato); ormai sulla terra forse non serve piu', ma sicuramente lei sara' esaltata in Paradiso. 
Suor Oliva e' stata sepolta a Tuuru nel cimitero dei bambini. Ora lei riposa nella sua bara bianca, sotto gli alberi maestosi della foresta che oggi scuotevano i loro rami mossi dal vento come per darle il benvenuto sotto le loro fronde. 
Lei ha lasciato un ricordo incancellabile, un esempio da imitare. Il ritorno sempre in bus, mentre la palla di fuoco del sole stava segnando la fine di un giorno, in un tramonto meraviglioso. 
Cosi' sono entrata in questo pezzetto di mondo africano, dove tutti hanno sempre cantato a squarcia gola, sia all'andata che al ritorno... questo mi mancava, ma chissa' quante cose mi mancano ancora di questa meravigliosa terra che si infila sempre piu' nelle ossa e scuote i cuori. 

Rosella 









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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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