Mi collego emotivamente alla bella testimonianza
di Max, che condivido in pieno.
Ringrazio lui e tutti i volontari che in
mia assenza hanno fatto “testuggine” come nella coorte romana, e so che hanno
coperto benissimo il fatto che io non ci fossi per quei 10 giorni.
Leggendo quanto Max scrive sul “cantiere di
Chaaria”, mi ci ritrovo in pieno: siamo sempre in costruzione… e non solo dal
punto di vista edilizio!
Ci sono continuamente interventi chirurgici
nuovi e piu’ esigenti; anestesie piu’ profonde e piu’ complicate; paziente
sempre piu’ numerosi e piu’ gravi.
Il ritmo a volte sembra ai limiti
dell’umana sopportazione: si esce dalla sala alle 19.30, solo per trovare che i
pazienti ambulatoriali non sono finiti, ma continuano ad accumularsi ad
oltranza. Si fa il controgiro serale dopo cena, e, quando alle 22.30 si tenta
timidamente di dire all’ostetrica di sala parto: “Beh, se non ci sono problemi,
io andrei a letto”, lei con freschezza mattutina ti dice che c’e’ un altro
cesareo urgente.
E poi e’ verissimo il riferimento al mito
di Achille che insegue la tartaruga: lavori dal mattino a notte fonda, ma trovi
sempre che qualcuno e’ scontento di te:
”E’ da stamattina che aspetto!” “Ma possibile che non mi potete operare
oggi?”
Chaaria e’ una fucina in continuo subbuglio;
un cantiere in cui c’e’ sempre piu’ da fare rispetto a quanto e’ gia’ stato
compiuto; una bolgia infernale in cui tutti chiedono allo stesso tempo e
vogliono essere esauditi immediatamente, senza mai rendersi conto di non essere
gli unici a cui devi pensare; una barca che fa acqua da tutte le parti, ed in
cui, per quanti buchi tu provi a riparare, ti rendi conto che ci sono sempre
nuove falle che imbarcano acqua ancor piu’ di prima.
Chaaria e’ anche una coperta troppo corta:
in ogni direzione tu provi a tirarla, lasci sempre qualcosa di scoperto: se ti
dedichi di piu’ alla sala, piangono i pazienti ambulatoriali che aspettano
troppo. Se fai ambulatorio, ti rendi conto che non hai guardato il reparto,
dove per altro ci sono i piu’ gravi. Se passi la giornata in corsia, poi ti
trovi di notte a fare quei cesarei che non hai potuto programmare per tempo
durante il giorno… senza contare che poi dovresti anche riuscire ad andare a
pregare, e qualche volta anche a mangiare con i confratelli.
Ma questo cantiere che non finisce mai,
questa tela di Penelope che non e’ mai completa, questa coperta che ti lascia
sempre I piedi scoperti, questa sensazione di non aver fatto abbastanza anche
quando sei stremato… tutto questo e’ il segreto magico di Chaaria che continua
ad affascinare cosi’ tanti volontari ed a contagiarli con un mal d’Africa
sovente inguaribile.
Chaaria e’ bella perche’ il servizio non
finisce mai; perche’ alla sera ti tormenti di tutto quello che avresti potuto
fare e non ce l’hai fatta a portare a compimento. Chaaria e’ stpenda perche’ e’
un caos di problemi irrisolti… ma
soprattutto perche’ ti da’ la possibilita’ di aiutare tantissima gente, e poi
ancora di sentire che avresti potuto dare di piu’.
In questo Chaaria e’ davvero pungente; e questa suo pungolo
all’impegno ti riempie di insoddifazione, ma anche di voglia di radicalita’ e
di dedizione totale.
Fr Beppe
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