martedì 20 marzo 2012

Giustizia popolare


Secondo me sarebbe piu’ giusto definirlo linciaggio.
Qui chiamano “mob justice” o giustizia popolare la decisione della gente del villaggio di linciare a morte una persona, rea di vari misfatti considerati socialmente inaccettabili.
A volte il linciaggio avviene per accuse molto eteree, come quella di essere uno stregone che porta il malocchio.
Molte altre volte e’ quello che un ladro sorpreso sul fatto si puo’ aspettare.
Se il “colpevole” viene catturato dalla folla, i modi per essere “giustiziato per direttissima” sono vari: puo’ essere buttato nel fuoco e bruciato vivo; oppure viene “incaprettato” ed immobilizzato con un vecchio copertone; quindi viene cosparso di cherosene ed incendiato. Oppure viene ucciso a pugni, calci o sassate.
E’ successo ancora ieri.
Il ladro aveva, a quanto pare, assalito un negozietto di Chaaria; la “mob justice” lo aveva raggiunto, condannato, giustiziato e lasciato in fin di vita per la strada.
Ci e’ stato portato dalla polizia, giunta sul posto troppo tardi: abbiamo tentato di salvarlo. Era in coma profondissimo, probabilmente con un trauma cranico, e non ha mai ripreso conoscenza. L’evento finale che ha causato la sua morte e’ stato un edema polmonare che non siamo riusciti a controllare, durante la notte.
Ora abbiamo un cadavere in obitorio di cui non sappiamo niente… neppure il nome.
Questa persona certamente non rubera’ mai piu’, ma la si puo’ davvero chiamare giustizia?
Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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