lunedì 7 maggio 2012

Jedida

Un mese fa è arrivata Jedida. È una bambina gravemente cerebrolesa. Dopo un attacco di meningite, i genitori, invece di correre in ospedale, l'hanno portata da uno stregone. Solo quando le sua condizioni sono diventate drammatiche sono venuti da noi. 
Mi hanno assicurato che sarebbero venuti a visitarla regolarmente. Oggi Jedida compie quattro anni e pesa quattro chili. 
Non è mai venuto nessuno a trovarla. Sta morendo. Sola. La nutriamo con un sondino, la curiamo, ci prendiamo cura di lei, e certamente la terremo con noi fino all'ultimo. 

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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