domenica 3 giugno 2012

Lettera di Rossana

Sono tornata da ormai quindici giorni consapevole di non essere tornata davvero, perchè il mio cuore è rimasto li, con voi.

L'esperienza di Chaaria mi ha toccato profondamente, per molti versi mi ha cambiata, non è stato semplice stare a contatto diretto con la sofferenza e la morte dei pazienti, con affianco il sentimento piu vile, l'impotenza, l'impotenza di non poter far nulla di fronte alla morte, l'impotenza di non poter regalare un attimo di sollievo al loro strazio. Quante lezioni di vita ho ricevuto, quanto sono cresciuta, quanto mi sono rafforzata, nonostante queste grandi prove ho vissuto le gioie piu belle, come i sorrisi e le risa dei bimbi e di questo popolo meraviglioso che con un solo gesto è capace di donarti tutto.
Quando guardo le foto rivedo il mio sguardo sereno, l'Amore e l'entusiasmo con i quali ho vissuto fianco a fianco in quei mesi, in maniera così naturale e speciale nonostante le grandi prove e i momenti difficili.
Quello che sento verso Chaaria è un immenso, e allo stesso tempo semplice, "Grazie", perchè l'Africa è stata Maestra, perchè la Donna Africana mi ha insegnato a combattere sino alla fine, il suo coraggio e la sua forza che mai cede ,mantenendo sempre intatta la sua dignità e la preziosità del suo sorriso, sono state le piu belle lezioni di vita che io abbia mai potuto ricevere, e come ogni volta mi spiazzano e allo stesso tempo mi invogliano a prenderne esempio. Perchè questo sono per me queste donne, l'esempio di Vita.
E quei bimbi, che gioiscono d'ogni cosa, e la loro energia il loro entusiasmo verso la vita, l'Amore e la gioia che trasmettono io la tengo stretta al cuore e per dirla tutta è ciò che mi spinge a fare altrettanto verso la vita. E li' con voi io mi sono sentita a casa perchè questo è per me l'Africa, casa..e mi sento di ringraziarvi di cuore per l'esperienza preziosa che mi avete concesso di vivere.
Qui ormai sono tornata alla frenesia piu totale, alla fretta, e al Mal d'Africa struggente.

Rossana Fulghesu

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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