giovedì 23 agosto 2012

Peritonite ginecologica


Mariamu e’ stata ricoverata 8 giorni fa a Chaaria per una morte endouterina a termine. In un’altra struttura gia’ era stata tentata l’induzione del parto con oxytocina, ma la donna non aveva mai iniziato a contrarre.
Secondo la storia da lei raccontataci, il feto avrebbe potuto essere morto da almeno una settimana prima che nella maternita’ rurale citata si tentasse il parto medicalizzato.
La donna appariva settica, con febbre alta e globuli bianchi elevati. Inoltre aveva una leucorrea purulenta. Temendo una setticemia, abbiamo deciso per una uterotomia con estrazione del feto morto: il prodotto del concepimento era molto macerato e l’utero era piuttosto macilento. Abbiamo pero’ optato di non procedere all’isterectomia, in quanto Mariamu assolutamente voleva altri bambini e non avrebbe mai firmato il consenso informato per quest’ultima opzione.
I primi giorni del post-operatorio sono stati nella norma, ma in quinta giornata l’addome si presentava disteso e dolente, e c’era una perdita vaginale “dalla puzza di morto”.
L’ecografia dimostrava la presenza di liquido denso e corpuscolato nella grande cavita’ addominale, tra le anse intestinali: c’era ancora una certa motilita’ del tubo digerente e la mamma andava di corpo, ma gli ultrasuoni indicavano chiaramente una peritonite con pus nella pancia.
All’emocromo i bianchi erano oltre i 20.000, per il 95% granulociti.
E’ stata molto dura convincere Mariamu ad accettare il re-intervento, ed e’ stato ancora piu’ arduo indurla a darci il consenso per una eventuale isterectomia, in caso di utero non vitale. Abbiamo dovuto essere duri ed insistere che sarebbe morta senza operazione.
Alla fine siamo riuscito a portarla in sala, intubarla e curarizzarla.
In addoma abbiamo trovato un vero disastro: la sutura uterina aveva in parte “mollato”, e la maggior parte della parete anteriore dell’organo era ormai in avanzata fase di putrefazione. C’erano aderenze molto tenaci tra l’utero ed il sigma-retto. In mezzo alle anse del tenue c’erano sacche con litri di pus.
E’ stato gioco-forza fare una isterectomia d’urgenza, per poi procedere alla lisi delle aderenze e ad un abbondante lavaggio peritoneale con fisiologica tiepida.
Mariamu si e’ svegliata bene dall’anestesia ed il post-operatorio sembra essere senza particolari complicazioni.
Qualcuno mi ha detto dopo il reintervento: “sarebbe stato meglio fare subito l’isterectomia invece che suturare l’utero!”, ma si sa che del senno di poi sono tutti molto ricchi.
Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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