lunedì 10 settembre 2012

I Rendille

Vengono dal Nord e sono nomadi, dediti alla pastorizia. Anche ai Rendille piace Chaaria, e fanno viaggi lunghissimi per venire fino a noi. 
Quando arrivano in ospedale non possono passare inosservati, perche’ sfoggiano sempre i loro abiti tradizionali, le loro collane multicolore ed gli stupendi pendagli alle orecchie. Polsi, gomiti e caviglie delle donne sono adorni di molti braccialetti, alcuni fatti di perline ed altri di latta. 
La paziente nella foto aveva un problema di gozzo, e farle togliere le collanine prima dell’intervento non e’ stato davvero semplice. Sono coperti di drappi colorati, avvolti attorno al corpo, e tenuti insieme da annodamenti fatti ad arte e cinghie di cuoio o iuta. 
Gli uomini sempre portano un lungo pugnale sotto il vestito, mentre le donne immancabilmente hanno un marmocchio attaccato al seno. 
Sono completamente scalzi o portano calzature tradizionali ricavate da copertoni di automobili. 
Sono quasi sempre del tutto illetterati e vengono accompagnati da un parente o vicino di casa piu’ evoluto: normalmente un giovane della loro stessa etnia che e’ diventato maestro, poliziotto o impiegato governativo. I mariti sono generalmente presenti mentre si visitano le mogli, e non non c’e’ verso di dire loro di attendere fuori, anche quando non possono aiutarci a tradurre. 
Spesso, oltre al citato pugnale sotto i vestiti, gli uomini hanno anche un bastone... probabilmente compagno inseparabile del pastore anche quando non e’ al pascolo. 
Anche questi pazienti variopinti fanno parte della bellezza di Chaaria. 

Fr Beppe Gaido 



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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