sabato 27 ottobre 2012

Gita a casa

L’ultimo giorno della loro permanenza qui a Chaaria, le volontarie Lorena, Milena e Silvia hanno voluto fare un regalo a John Mutuma, che da tanto tempo chiedeva di andare a casa a vedere i suoi cari.
La sua domanda ricorrente e’ infatti: “perche’ i miei mi hanno abbandonato? Voglio andare a chiederglielo!”
Insieme a Fr Robert, le volontarie hanno quindi organizzato un’uscita pomeridiana e sono andate nella povera magione della famiglia di John, dove non hanno trovato il papa’ (migrato lontano per lavoro), ma i nonni, le zie ed una nidiata di bambini. Il papa’ di John e’ separato e fa una vita durissima per mandare avanti la famiglia. La mamma non ha contatti con John.
John era cosi’ contento di essere a casa che naturalmente si e’ dimenticato di fare loro la bruciante domanda, che sempre lo rode dentro quando e’ a Chaaria.
Dal canto loro le volontarie sono state profondamente colpite dalle condizioni di poverta’ di quella famiglia, che evidentemente non potrebbe fare molto di piu’ per John.
Tale gita e’ stato un momento bello per il nostro ragazzo che ora non la finisce piu’ dire grazie, e penso anche per le volontarie, che si sono rese conto di prima mano delle condizioni a volte veramente estreme in cui vivono tanti nostri malati e ricoverati.
Una gita come questa insegna molte cose a noi italiani, che ci lamentiamo sempre di tutto, mentre in realta’ spesso abbiamo quasi tutto: anche in quella occasione i poveri sono stati maestri di vita.
Colgo l’occasione per ringraziare Fr Robert Maina per la sua disponibilita’ ad organizzare l’evento.
Mando ancora un abbraccio alle volontarie, ormai avvolte dalla nebbia e dal freddo autunnale del Piemonte...naturalmente non le invidiamo per le condizioni climatiche che hanno trovato in patria.

Fr Beppe Gaido





Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....