sabato 13 ottobre 2012

Le bravate del nostro Kimani


Pian piano le condizioni di salute di Adriano Kimani sembrano migliorare leggermente.
Le gambe sono un po’ meno gonfie, e pare che abbia un po’ meno dispnea.
Marialuisa e’ molto attenta a seguirlo al meglio: ieri ha ripetuto un ecocardio, ma purtroppo non ci sono grossi miglioramenti della frazione di eiezione.
Marialuisa e’ molto preoccupata per la diuresi, ed e’ sempre molto premurosa nel dire a Kimani di raccogliere tutta la pipi’ nel pappagallo, e di farne segnare il contenuto su un apposito foglio appeso alla testiera del suo letto.
Kimani si e’ quindi reso conto che, con un pappagallo pieno, lui era in grado di far tutti contenti... e magari di guadagnarsi anche una coca cola!
Allora che cosa ha pensato il nostro astutissimo Adriano?
Riempire di acqua il pappagallo tantissime volte al giorno! In tal modo tutti gli avrebbero detto: “che bravo!”
Ieri infatti eravamo stati molto contenti, ed anche un tantino stupiti di una diuresi di circa 4000 ml...
Solo che il personale della notte lo ha beccato sul fatto, mentre riempiva il pappagallo di acqua del rubinetto.
Che birbone il nostro Kimani!
Onestamente, e’ stato davvero tenero. Lui sapeva che, cosi’ facendo, avrebbe reso tutti contenti!
Abbiamo quindi deciso che la diuresi, per un paziente come Kimani, non e’ un parametro attendibile: useremo perciò il peso corporeo per capire se i reni scaricano bene o se Kimani sta accumulando liquidi.
Comunque, tutto sommato, lui sta un po’ meglio, ed è tornato a sorridere.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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