domenica 11 novembre 2012

Domani, il grande giorno


Certamente mancano ancora delle cose, e del bisogno di altre ci renderemo conto mentre lavoriamo, ma e’ comunque arrivato il giorno di iniziare ad operare nella nuova sala.
L’inaugurazione ufficiale e la benedizione dei locali avverranno in gennaio, secondo modalita’ che comunicheremo a suo tempo, ma domani metteremo il primo paziente sul lettino operatorio della agognata nuova sala.
Sono felicissimo e spaventato nello stesso tempo!
Oggi abbiamo concluso il lavoro di pulizia generale, e domani incominciamo l’avventura.
Sento nel cuore una grandissima riconoscenza alla Divina Provvidenza per lo stupendo dono della sala operatoria; desidero quindi esprimere tutta la nostra gratitudine alla Associazione Volontari Mission Cottolengo, alla Associazione Karibu Africa di Cagliari, ed a tutti i generosi benefattori.
Il nostro ringraziamento si estende quindi a tutti i superiori della Piccola Casa che hanno approvato il nostro progetto e lo hanno sostenuto moralmente e spiritualmente.
Un grazie speciale va quindi a Fr Giancarlo che per due anni si e’ fatto in quattro per coordinare i lavori di costruzione e di arredamento della sala.
E’ una pietra miliare per Chaaria, ed a giudizio di molti chirurghi passati per il Cottolengo Mission Hospital, il nostro e’ un bellissimo blocco operatorio che potrebbe far invidia in molti ospedali italiani.
La vecchia sala rimane comunque pienamente attiva, soprattutto per i cesarei  e per tutte le emergenze che potranno arrivare mentre gia’ si sta operando nel nuovo blocco. Continueremo inoltre a operare nella sala vecchia durante la notte.
Oggi vi mandiamo una foto degli anni pionieristici: si tratta di uno dei primi interventi di tenorrafia nella vecchia sala... eravamo nel 2000. Domani speriamo di potervi mandare una foto del primo intervento chirurgico nel nuovo blocco operatorio.
Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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