mercoledì 5 dicembre 2012

Ascolterà la musica in paradiso

Il ragazzo a cui la foto si riferisce aveva 16 anni. Era stato ricoverato da noi pochissimo tempo fa per questa forma tremenda di sarcoma della gamba. 
Guardando la foto uno potrebbe chiedersi come sia possibile arrivare ad un tale punto, senza prendere decisioni piu' precoci. Ci si potrebbe domandare dov'erano i genitori. 
Il fatto e' che il giovane era arrivato con questo gambone enorme, pesante e dolorosissimo. Conoscendo la malignita' dell'osteosarcoma avevamo agito immediatamente con una amputazione piu' alta possibile. 
Purtroppo avevamo notato dei linfonodi inguinali poco rassicuranti. L'eco addominale e la lastra del torace erano invece negative per metastasi. Pur con il punto interrogativo di quei linfonodi, ci avevamo sperato... una chemio dopo l'intervento sarebbe stata auspicabile, ma i genitori non avevano soldi per andare all'ospedale universitario di Nairobi. 
Marialuisa si era molto affezionata a lui, e gli aveva regalato il suo mp3: "amputato e sfortunato come e', almeno potra' ascoltare un po' di musica". Aveva imparato subito a usare le stampelle ed andava come un treno sulla sua gamba-sola. 
Era stato dimesso dopo un post-operatorio senza problemi. 
E' stato pero' ricoverato nuovamente alcuni giorni fa. Aveva una dispnea impressionante. "Come mai non ti sei portato la radiolina con gli auricolari?" gli ho chiesto. "L'ho venduta per 1000 scellini (10 euro)!" Mi e' venuto un po' da sorridere ed un po' da piangere pensando a Marialuisa, che gliela aveva regalata con tanto affetto. 
La lastra del torace e' stata spietata: metastasi polmonari diffuse. La dispnea del povero ragazzo non e' mai migliorata, e lui e' andato in Paradiso ieri mattina. 
Mi dispiace davvero perche' era molto giovane... ma considerando le condizioni in cui era ridotto, sono certo che sta meglio ora e puo' sentirsi adesso tutta la musica che vuole, anche senza mp3 e senza auricolari. 

Fr Beppe 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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