mercoledì 16 gennaio 2013

Dickens

Da tempo era seguito per un’idronefrosi destra.
Aveva eseguito un’ecografia addominale che confermava l’idronefrosi, ed una lastra diretta dell’addome dove si notava si’ una calcificazione che pero’ il radiologo dava come al di fuori del possible tragitto dell’uretere.
E’ venuto a Chaaria disperato perche’ diceva che da mesi i dottori gli davano solo antinfiammatori e la sua situazione non migliorava affatto.
Ho ritenuto opportuno richiedere un’urografia, che ha in effetti rivelato la presenza di un calcolo incuneato a livello della giunzione vescico-ureterale destra.
La presenza del Dr Max Albano ci ha dato il coraggio di dire di si’ per un’ operazione mai tentata prima a Chaaria.
Max ha scelto l’approccio tranvescicale, in quanto il calcolo pareva davvero intramurale… ed ha avuto perfettamente ragione! 

 
Aperta la vescica con accesso extraperitoneale, sono subito apparsi i due meati ureterali: quello di sinistra era completamente normale e mingeva urina senza problemi; quello di destra appariva invece edematoso ed arrossato.
Con l’elettrobisturi abbiamo praticato una apertura di circa mezzo centimetro in senso caudo-craniale a partire dal meato, e cio’ e’ bastato ad esporre il calcolo.
Pareva leggermente adeso alla parete ureterale, e gentilmente lo abbiamo dislocato con klemmerini ricurvi. La rimozione e’ stata abbastanza facile; immediatamente dopo la fuoriuscita della pietruzza si e’ visto un fiotto di urina torbida.
Abbiamo sondato l’uretere che ora appariva libero, ed abbiamo deciso di non dare punti sul meato ureterale. Abbiamo quindi richiuso la vescica e gli strati superiori della parete addominale.
L’intervento e’ stato rapido e pulito.
Un grande successo per Chaaria (in effetti una prima assoluta!) ed un enorme servizio per Dickens.
Grazie Max!

Fr Beppe


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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