mercoledì 23 gennaio 2013

Rose

Aveva una frattura dell'avambraccio sinistro che risaliva a sette mesi fa. Le era stato applicato gesso varie volte, ma sempre con mal-unione e non-formazione del callo osseo. 
Il suo peregrinare disperato in ospedali dove non riceveva risposte, l'ha da ultimo portata qui a Chaaria. Una frattura cosi' scomposta da sette mesi ci faceva paura: temevamo il callo fibroso formatosi in posizione abnorme. 
Avevamo paura di non riuscire a ridurre i monconi di una frattura ormai inveterata. Ma era chiaro che dovevamo fare qualcosa! Rose non poteva stare cosi'. La sua mano era ormai penzoloni ed anche i muscoli del palmo erano ormai atrofici. 
Abbiamo quindi deciso di provarci. Ridurre il radio e metterci la placca e' stata un'impresa che ci e' costata sette camice e due ore di lavoro. 


La riduzione non e' perfetta, ma anche il radiologo dice "accettabile". Il lavoro sull'ulna e' stato molto piu' rapido perche' ormai la placca sul radio ci faceva da guida per la riduzione.
E' un periodo molto esigente anche dal punto di vista traumatologico: i pazienti fratturati non sanno dove andare a causa dello sciopero e fioccano a Chaaria in massa. 
Noi facciamo del nostro meglio per servirli e per aiutarli. Oggi abbiamo operato anche una frattura del gomito e domani abbiamo altri due avambracci in cui entrambe le ossa sono fratturate e dislocate. 
Continuiamo il nostro lavoro con determinazione e dedizione, ma anche con tanta soddisfazione e con gratitudine al Signore per quanto ci concede di operare. 
Un grazie speciale va al Dr Luciano Cara con cui sono in contatto quotidiano: lui mi da' i consigli e mi guida passo passo per gli interventi anche da Cagliari. 
Oggi per esempio mi ha disegnato e inviato la tecnica dell'intervento sul gomito che poi e' andato benissimo. 
Grazie di cuore Luciano. 
Fr. Beppe




Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....