domenica 3 febbraio 2013

Non è più una vita

Oggi e' domenica, ma non me ne sono neppure accorto. Il primo cesareo e' stato alle 7 di stamane ed altri sono seguiti a raffica...al momento siamo arrivati a sei. 
Abbiamo avuto anche una rottura d'utero che ci ha impegnati moltissimo. Per la messa domenicale ho potuto fare una piccola presenza di 5 minuti, prendendomi solo la coda e la benedizione finale del sacerdote. 
Il pranzo e' stato un rapido spuntino, in piedi, durato non piu' di cinque minuti. I nuovi ricoveri oggi sono stati piu' di 40. 
Le gravide in travaglio che abbiamo ricoverato sono state piu' di 25 a partire dalle 8 di stamane. 


 
Ci sono stati dieci parti naturali e cinque cesarei... per le altre dieci che travagliano di notte possiamo solo sperare in bene. Poi c'e' un prostatectomizzato che non va bene! Sia io che Giancarlo ci sentiamo davvero sopraffatti da un ritmo che sta diventando disumano. 
Oltre alla stanchezza fisica ci sono poi naturalmete anche le preoccupazioni per le cose che in ospedale non vanno come dovrebbero, per i pazienti che complicano e per i quali non sapiamo bene cosa fare. 
Quando poi qualcuno non e' contento del nostro operato e pretende di piu', magari anche alzando la voce, mi viene proprio da piangere e non so che cosa si puo' ancora strizzare dalle mie ghiandole surrenali che di adrenalina non ne possono produrre di piu'. 
Facciamo onestamente tutto quello che possiamo, ma in un bailamme tale, e' normale che certe cose sfuggano e che non si abbia a volte la lucidita' necessaria per prendere le decisioni. 
Non so quando ho avuto l'ultima notte senza una chiamata. Non ricordo l'ultimo sabato pomeriggio tranquillo, e non ricordo una domenica che non sia stata tutta spesa in ospedale fino a tardi. 
Mi ha detto Sr Andreina di Tuuru: "... ma noi siamo aperti quando tutti gli altri sono chiusi!" E' vero... e questo indubbiamente galvanizza. 
Speriamo solo che il fisico e la volonta' tengano. 
Ed intanto oggi sul giornale e' apparsa la notizia: "lo sciopero entra nel terzo mese". 

Fr Beppe Gaido



Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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