lunedì 18 febbraio 2013

Razzismo

Ieri Fr Giancarlo ed il Dr Ogembo hanno voluto farmi un regalo, visto che ultimamente i miei ritmi di lavoro sono stati estremi. Mi hanno offerto la possibilita’ di uscire per pranzo, mentre loro avrebbero coperto l’ospedale, come al solito pienissimo anche di domenica.
Ho contattato alcuni amici kenioti; mi sono preso insieme Naomi, e ci siamo recati un un posto veramente carino, in mezzo al verde, con tante scimmie che giocavano sugli alberi mentre sedevamo nel ristorante all’aperto.
Siamo arrivati presto e nei tavoli attorno al nostro non c’era nessuno: abbiamo mangiato sereni, ed i figli dei miei amici giocavano senza problemi. Poi il locale si e’ riempito poco alla volta, tanto che alle 2 del pomeriggio era completamente affollato. La cosa che mi ha impressionato e’ che i clienti erano “bianchi” o “asiatici” per il 99%... un locale di alta classe quindi!
Poi, qualcosa e’ successo che ha rovinato un po’ la nostra serenita’.


 

Il ragazzo di un nostro amico stava ascoltando musica con il telefonino di Naomi mentre noi discorrevamo tranquillamente. Il volume era del tutto accettabile, e, mentre parlavo con gli altri, non avevo neppure fatto caso alla musica per nulla assordante.
Poi di colpo, dal tavolo dei nostri vicini, occupato per la totalita’ da “bianchi”, si e’ alzata una donna che in male modo mi ha apostrofato dicendo: “fa’ spegnere quella radio al ragazzo!”
Quasi sotto shock, noi abbiamo fatto cenno al bambino di obbedire, e poi siamo rimasti senza parole, considerando che lo schiamazzo che quel gruppo faceva era ben piu’ evidente del disturbo della radiolina, tanto che quasi non ci sentivamo quando parlavamo l’uno con l’altro.
Dall’aspetto e dall’abbigliamento era gente molto ricca!
Volevo lamentarmi con i camerieri, chiedendo loro dove fosse l’avviso di non usare la radiolina, dato che si era all’aperto; i miei amici pero’ mi hanno detto di stare zitto e di andarcene al piu’ presto: “chi e’ ricco sfondato, sembra non avere il dovere di essere gentile” hanno commentato. “Bastava che ce lo chiedesse per favore, e di sicuro avremmo capito: magari a loro la nostra musica africana non piace! Ma questi modi sgarbati non li possiamo accettare!”
Ho acconsentito a non dire nulla ne’ ai clienti ne’ al gestore del locale, anche se mi vergognavo profondamente in cuor mio dell’accaduto, essendo l’unico “bianco” del mio gruppo.
Mentre ancora la mia tristezza mi ribolliva dentro, abbiamo visto un’altra scena proprio brutta dipanarsi ad un tavolo poco lontano: e’ arrivata una coppia di sposi “non di colore”, seguita a poca distanza da una ragazzina Africana, la quale portava in braccio un pupo dall’aspetto assolutamente europeo (pelle bianchissima e capelli biondi). Fin qui niente di strano: e’ normale avere una baby sitter. La cosa tristissima e’ stata che essi si sono seduti ed hanno ordinato il pasto, mentre la ragazzina che accudiva il bambino e’ stata mandata nel prato antistante con il biberon. Hanno mangiato solo loro due, mentre la baby sitter ha digiunato.
Che brutto!
Che male c’era ad offrire il pranzo anche alla loro dipendente!
I miei amici kenioti, alla vista di questo nuovo scempio, mi hanno chiesto se potevamo alzarci subito, magari fermandoci poi in un locale popolare di Meru per una birra tra gente normale che non tratta gli altri con superiorita’ ed autosufficienza.
Cosi’ abbiamo fatto senza dire una parola.
Nella bettola di Meru nessuno mi ha apostrofato per la mia pelle chiara!
“Forse, piu’ si e’ ricchi e potenti e piu’ si e’ razzisti”, ha commentato con dolore la nostra Naomi. E poi ha aggiunto: “comportarsi cosi’ e disprezzare gli altri non puo’ dare loro felicita’! Ma non lo sanno che, bianchi o neri, siamo tutti figli di Dio?”
Io tacevo, quasi vergognandomi del colore della mia pelle, e sentendomi in quel momento come oppresso da secoli di storia in cui “noi bianchi” ci siamo macchiati di crimini disdicevoli verso l’umanita’ (dalla tratta degli schiavi, al colonialismo, all’apartheid).
“Ma davvero c’e ancora gente che puo’ classificare una persona a partire dal colore della sua pelle? Gli europei e gli americani ci accusano tanto di essere tribalistici, ma non e’ il razzismo un atteggiamento molto simile e forse peggiore?” ha continuato il mio amico Joakim.
Io sono rimasto quasi sempre in silenzio. Non sapevo cosa dire. Ricordavo i macchinoni SUV di quella gente, e mi domandavo se e’ la ricchezza a renderti cosi’ ottuso, oppure se il razzismo ed il senso di superiorita’ siano quasi scritti nei geni dei bianchi come me.
Mi chiedevo come si fa a trattar male delle persone che non conosci solo perche’ ti senti migliore o piu’ importante, mentre noi a loro non avevamo fatto alcun male e continuavamo ad essere contenti al nostro tavolo.
Mi domandavo come si fa ad avere una ragazza in casa e ad affidarle anche il proprio figlio, quando poi la si disprezza cosi’ tanto che non la si ritiene degna di sedere al proprio tavolo.
Sono cose che non comprendo e che a volte, vivendo qui in Africa, mi fanno stare malissimo.
Sensazioni simili le ho provate quando per esempio ho guardato il film AMISTAD insieme ai contratelli africani: ma come facciamo noi bianchi ad essere cosi’?
Non lo so.
Quelllo che posso dire e’ che odio il razzismo e che istitivamente mi sento dalla parte degli africani ogni volta che succedono cose del genere, quasi a voler chiedere loro scusa di un atteggiamento di cui mi sento complice per il semplice colorito della mia pelle.

Fr Beppe 

Pubblico volentieri, il commento dell'amico Ugo di Roma:

Tanto per non stare zitto e mantenere i miei standard dei semivekkio verboso...
io non userei il termine "razzismo"... in fondo il mondo non si divide in bianchi e neri, buoni o cattivi, progressisti o conservatori, eccetera: il mondo si divide in ricchi e poveri.
Chi è ricco, ricco davvero, pian piano si trova ad avere il "cuore da ricco" (coperto da una cotenna di lardo), lo "stomaco da ricco" (peloso come uno scimpanzé) ... ma soprattutto il "cervello da ricco" per cui è portato a vivere, pensare ed atteggiarsi in base alla famosissima frase del marchese del Grillo "io son io e voi non siete un c....zo"
I "ricchi" son tutti uguali a prescindere dal pallore... i poveri son tutti uguali a prescindere dall'abbronzatura .... e noialtri  sicuramente non ricchi, ma nemmeno tanto poveri abbiamo l'ingrato compito di "difenderci" dal desiderio di ricchezza (miraggio ed illusione per ogni umano, ma che alla fine - se cedi -  ti spappola cuore, stomaco e cervello e ti aliena ogni rapporto vero col prossimo) e di capire che è dedicando un po' della nostra vita al prossimo, sopratutto (ma non necessariamente) ai meno ricchi di noi e/o ai più sfigati si trasforma l'amore da "sentimento" a "comportamento".
"Sentimento" è una mia esperienza soggettiva che poco incide nella realtà.
"Comportamento" è un modo di interagire con la realtà che lascia il segno.
Possono coesistere, credo ... ma quel che conta, per me, è il comportamento.
I coglionazzi pallidi di cui ci racconta baba Beppe si sono comportati da ricchi ed hanno marcato l'ambiente col guano tipico del loro stile di vita e modo di essere... turiamoci il naso ed ignoriamoli .... ma sopratutto cerchiamo di vivere e di fare le nostre scelte per non essere mai come loro ... ogni giorno ne abbiamo l'occasione e la tentazione... non siamo migliori: possiamo solo impegnarci per comportarci meglio. O no?
Ugodoc noisetto e forse un po' saccente...

P.S: ogni new di baba Beppe è un invito alla riflessione... ormai non  riesco a uscire di casa alla mattina se prima non le leggo.
Mungu akubriki, baba. Akubariki kila siku.


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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